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Terzo mandato l'assist leghista per De Luca
di Massimo Villone da la Repubblica Napoli del 23/10/2024
"Emiliano e la tentazione terzo mandato, l’asse con De Luca e i colonnelli leghisti”. Così titola Repubblica Bari (22 ottobre) sul Festival delle regioni tenuto in Puglia che - leggiamo – è stato piuttosto “la sagra del terzo mandato”. Sul punto, i due governatori hanno avuto un forte assist da leghisti del calibro di Zaia, Calderoli, Fedriga. Differenze rimangono, ma su altro. Sorpresa? No. De Luca da tempo pretende di candidarsi. Da ultimo, dice di voler evitare conflitti, in specie referendari. Propone a tal fine anche di presentare in Parlamento emendamenti sulla legge Calderoli. Avanza proposte di mediazione. Un tentativo di appeasement, singolare in una regione capofila nelle firme referendarie, che ha approvato il quesito abrogativo, e ha presentato in Consulta un solido ricorso su molteplici incostituzionalità della legge. L’udienza è già fissata al 12 novembre. Quella barese è una cattiva compagnia. Il 15 ottobre Zaia informa il consiglio regionale del Veneto sul negoziato col ministro Calderoli per l’autonomia differenziata (Ad). Parla di richieste minimali (che pure hanno già indotto vari ministri ad alzare argini). Dice che l’eventuale abrogazione referendaria nulla cambierebbe. Ma non presenta all’assemblea il vero dossier. Si apprende successivamente che comprende materie come sanità, scuola, porti e aeroporti, trasporti e comunicazioni, lavoro, energia, ambiente, e altro ancora. Tanto che la capogruppo consiliare Pd lo definisce un documento “da genere letterario fantasy”, con richieste di competenze fuori da ogni possibilità reale (Ansa, 17 ottobre). Segue la Lombardia. Il Giornale edizione Milano (22 ottobre) ci informa che la regione accelera senza curarsi dell’udienza in Corte e della prospettiva referendaria, puntando in primis su protezione civile, fisco, trasporti e scuola. Il Lombardo-Veneto attacca. Esiste o no con le due regioni del Sud un problema di progetto, di idea di paese? Il terreno è scivoloso, e va evitato il sospetto di baratti infami. Qui viene all’attenzione il documento approvato il 19 ottobre a Brescia dal Pd di Lombardia, Veneto e Piemonte “Per una autonomia cooperativa delle istituzioni territoriali”. Un testo non privo di interesse, laddove prende le distanze dal titolo V del 2001, respinge la lettura leghista dell’Ad slegata da qualsiasi specificità territoriale, coglie la necessità di riportare allo stato alcune materie strategiche, sottolinea il rischio per il sistema paese dato dalla creazione di commissioni paritetiche per ogni regione, punta a una autonomia volta prioritariamente agli enti locali. Un testo che ha un ambizioso respiro di progetto politico, novità per il maggiore partito di opposizione. Meglio tardi che mai. Qual è il problema? Che è un documento del Pd del Nord. Dagli interventi e dai commenti a margine dell’assemblea si trae l’interesse a recuperare nel Pd una centralità - forse in qualche misura rivisitata - della questione settentrionale. Un atteggiamento anche comprensibile. Ma è chiaro che riprendere una questione settentrionale senza contestualmente porsi il problema di una nuova questione meridionale è alla fine un remake solo un po’ meglio rifinito di quello che è accaduto negli ultimi trenta anni. Non basta. Bisognerebbe che anche il Pd del Sud si facesse sentire. Ed ecco il danno degli abbracci baresi. I leghisti hanno un progetto e una politica che stanno realizzando, i governatori del Sud no. La priorità del terzo mandato tale non è. Un progetto per il Mezzogiorno richiede una ridefinizione del rapporto centro periferia e una chiara indicazione delle politiche nazionali strategiche da mantenere comunque al centro per la riduzione dei divari territoriali e delle diseguaglianze. Non servono slogan o proposte estemporanee. Il guadagno politico è che fino a quando l’Ad è nelle mani di Calderoli è un percorso precluso alla maggioranza. Un Pd del Sud protagonista ora e in futuro deve con voce unitaria lavorare per un sequel dell’assemblea di Brescia nelle sedi nazionali. Un partito con derive localistiche macroregionali è l’ultima cosa che serve all'Italia unita. Alla fine, conta la qualità del ceto politico. E conta la società civile. È venuto alla luce il truffaldino passaggio dal 33% come media generale al 15% a livello regionale della percentuale di posti previsti per asili nido. Un danno inevitabile per il Sud. Non molti sanno che il primo allarme è venuto da una associazione nata da poco: 34 Testa al Sud. Il ceto politico dov’era?
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