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Regione Campania, il debole “faro” di De Luca
di Massimo Villone da la Repubblica Napoli del 9/2/2025
Continua il tormentone del Pd campano. In direzione è stato approvato un documento che richiama in vista delle elezioni il modello della “coalizione larga”, e così reca un colpo alle aspirazioni deluchiane di mantenere la poltrona. Si aggiunge la dichiarazione del commissario Misiani che il partito è contrario al terzo mandato quale che sia la sentenza della Consulta sulla legge campana, che De Luca assume sarà favorevole. Ed è forse una significativa coincidenza la successione di Alfieri a De Luca jr. come coordinatore della corrente ex bonacciniana. Anche il presidente De Luca continua a giocare all’attacco nella consueta omelia del venerdì. «Governo e opposizione sono gemellati nel nulla», dice. Magnifica i risultati ottenuti, in specie nella sanità, e la futura sede della Regione, denominata simbolicamente “Il faro”. Ma per illuminare cosa? Quello che purtroppo manca nel Pd campano è una seria discussione che esca dalla stretta cerchia di ceto politico. A chi altri davvero interessa la querelle sul terzo mandato? Va invece costruito un progetto politico degno di questo nome, credibile nei contenuti e nella strumentazione per realizzarlo, per la Campania e per il Mezzogiorno. Più d’uno ne ha scritto su queste pagine. È proprio di questa capacità progettuale che sentiamo la mancanza. Piaccia o no, il Pd è essenziale in qualunque scenario di opposizione alla destra. Nei giornali proni alla maggioranza si esalta un Mezzogiorno che ha messo il turbo, grazie al governo in carica. Ma nella realtà oggettiva si trova la smentita. Come nei dati Istat sul reddito disponibile per le famiglie, che vede nel 2023 la Campania a 16.000 euro e la Lombardia a 27.000. Ovvero nella notizia di un possibile rinvio - come, perché, a quando? - dell’Alta velocità Salerno-Reggio Calabria. Mentre la Svimez ci quantifica l’impatto potenziale dei dazi di Trump sull’economia del Mezzogiorno. Anche la destra è all’attacco. In specie sulla giustizia, dove in spregio della Costituzione mette sotto assedio la magistratura, non solo nostrana. Ben 79 paesi si muovono a sostegno della Corte penale internazionale, inclusi in Europa i maggiori, ma non l’Italia, rimasta in non commendevole compagnia. La strategia meloniana sull’estero si traduce in isolamento. Ma è in genere sulle riforme che non si vede rallentamento. A Pordenone si è tenuto venerdì 7 un incontro tra i maggiori esponenti leghisti, con larga eco sulla stampa locale. Oltre all’assist sul terzo mandato concesso a De Luca per l’ovvia difesa di Zaia, cogliamo la roadmap di Calderoli per l’autonomia differenziata. Legge delega e decreti delegati per i Lep (Livelli essenziali delle prestazioni) entro la fine della legislatura, secondo le indicazioni della Corte costituzionale nella sentenza 192/2024. Nel frattempo, passaggio alle Regioni di funzioni nelle materie non-Lep. È una conferma di quanto già detto in parlamento: per una parte la legge 86/2024 è immediatamente applicabile, con buona pace di chi ritiene che sia stata resa innocua. Si procede a partire da subito. E non risulta che nella coalizione questo scenario trovi al momento contrasti vincenti. Le opposizioni sono chiamate a porre un freno. Ma niente illusioni. I regolamenti parlamentari non consentono di bloccare una maggioranza che rimane compatta. Quindi bisognerà far emergere in chiaro le faglie che si avvertono nella coalizione di governo. Un gioco di sponda, in cui il primo passo deve essere acquisire in parlamento una documentazione completa sulle richieste avanzate dalle quattro regioni con cui Calderoli ha avviato la trattativa e intende continuarla. Cosa chiedono Lombardia, Veneto, Piemonte, Liguria? È disponibile in rete un corposo faldone di un centinaio di pagine sulle richieste del Veneto. Il parlamento ne è a conoscenza? E le altre Regioni cosa chiedono? Calderoli dice di avere già avviato l’istruttoria resa necessaria dalla sentenza 192/2024 della Consulta chiedendo alle Regioni di giustificare le richieste. Ma è un’istruttoria fatta da chi? O sarà solo una velina trasmessa dai “governatori” al ministro? Vedremo. Cogliamo intanto una battuta di Calderoli, che per il terzo mandato ironizza sulle sue nove legislature in parlamento. Ma prova il contrario. In un tempo comparativamente assai più breve al governo ha fatto gravi danni. Un Calderoli ministro per un tempo pari alle nove legislature sarebbe stato una sciagura epocale.
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