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Autonomia, la Consulta stavolta mette i paletti
di Massimo Villone da il Fatto Quotidiano del 4/12/2024
Con apprezzabile rapidità la Corte costituzionale ha depositato la sentenza 192 sulla legge 86/2024 (Calderoli). È una pronuncia complessa e una valutazione approfondita sarà indispensabile. Ma qualche riflessione immediata è possibile. La sentenza ci consegna un quadro dell'autonomia differenziata (Ad) profondamente diverso da quello assunto dalla legge 86/ 2024. Una parte assai rilevante anche nella prospettiva degli sviluppi futuri è in specie quella iniziale (considerato in diritto, punti 3 e 4). La Corte risponde al quesito di fondo: qual è la lettura dell'art 116.3 sull'Ad coerente con l'assetto costituzionale generale. Il punto di partenza è che non esiste alcun "popolo" regionale, e che l'Ad "deve essere collocata nel quadro complessivo della forma di Stato italiana, con cui va armonizzata". Da questa premessa vengono conseguenze di rilievo. Spetta solo al Parlamento comporre la complessità sociale e il pluralismo istituzionale. La diversità e la competizione tra territori non possono minare la solidarietà, l'unità e l'eguaglianza, e devono dare luogo a un regionalismo non conflittuale, ma cooperativo. Unità e indivisibilità della Repubblica si compongono con la maggiore autonomia attraverso il principio di sussidiarietà e con lo spostamento di specifiche funzioni – non di materie - verso il basso, ma anche verso l'alto. E "ogni processo di attuazione dell'art. 116, terzo comma, Cost, dovrà tendere a realizzare un punto di equilibrio tra eguaglianza e differenze". Nella lettura dell'art 116.3 disegnata dalla Corte vanno in specie sottolineati due punti. Il primo è che, trattandosi di una deroga alla ordinaria ripartizione delle funzioni, "va giustificata e motivata con precipuo riferimento alle caratteristiche della funzione e al contesto (sociale, amministrativo, geografico, economico, demografico, finanziario, geopolitico e altro) in cui avviene la devoluzione". Richiede altresì una idonea approfondita istruttoria. Questo pone la parola fine allo shopping nel supermercato delle competenze assunto dalla legge 86/2024. Non più trasferimento indiscriminato di funzioni a richiesta della Regione sulla base dell'indimostrato e indimostrabile assunto di una maggiore convenienza o efficienza. Un secondo punto si mostra poi decisivo. La Corte avverte che vi sono materie in cui il trasferimento di funzioni non appare facilmente giustificabile. Una devoluzione dovrebbe avere una solida motivazione e sarebbe soggetta a "uno scrutinio stretto di legittimità costituzionale", che ovviamente la Corte riserva a se stessa. Le materie sono elencate: commercio con l'estero e con gli stati membri dell'Ue; tutela dell'ambiente; produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell'energia, unitamente alla presenza di un'Autorità indipendente; porti e aeroporti civili e grandi reti di trasporto e navigazione; professioni, in specie ordinistiche; ordinamento della comunicazione, in specie per le comunicazioni elettroniche e internet; norme generali sull'istruzione. Su quest'ultimo punto, in specie, la Corte segnala che non sarebbe "giustificabile una differenziazione che riguardi la configurazione generale dei cicli di istruzione e i programmi di base, stante l'intima connessione di questi aspetti con il mantenimento dell'identità nazionale''. La Corte coglie i punti nodali del dibattito sorto intorno all'Ad, emersi in dottrina, nelle audizioni parlamentari, nel confronto politico. Ne ho ripetutamente trattato, anche su queste pagine, e la proposta di ricorsi in via principale da me avanzata ha prodotto un risultato particolarmente significativo. Si pone ora la domanda dell'impatto sulla procedura referendaria in atto, che vedrà in tempi brevi la decisione sui quesiti dell'Ufficio centrale per il referendum della Corte di cassazione. Va fatta una distinzione. Le dichiarazioni di incostituzionalità si sovrappongono in parte al quesito parziale presentato dalle regioni, che tocca gli articoli 1.2, 4.1 e 4.2 della legge 86/ 2024. Ma la pronuncia è manipolativa, e sostituisce il testo dettato dalla Corte a quello originario. Quindi la legge sopravvive nel testo modificato. Qui probabilmente la Cassazione dovrà valutare se il quesito si trasferisce sul nuovo testo, o deve considerarsi superato dalla sentenza. Diversamente, per il quesito totalmente abrogativo. La valutazione della Cassazione deve farsi qui e ora, su quel che risulta dalla sentenza, e non su quello che potrà derivare dalla futura attuazione o da eventuali adeguamenti legislativi. Vale che la legge come tale sopravvive, ed è per parte significativa vigente. La volontà "politica'' espressa da 1.291.000 elettrici ed elettori di cancellarla nella sua interezza, quindi non perde il suo oggetto. Il quesito referendario totalmente abrogativo rimane. Avanti tutta.
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