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Presidente Barbera, ora va tutelata la Consulta
di Massimo Villone da il Fatto Quotidiano del 9/10/2024
Alla fine, è rientrato il blitz che avrebbe dovuto portare il prof. Marini allo scranno in Consulta. Non erano mancate le polemiche. Secondo un’opinione, l’arrivo in Corte era il corrispettivo per il servizio già reso alla presidente Meloni sulle riforme. L’arrivo sarebbe stato possibile per una pattuglia di transfughi delle opposizioni, che avrebbero così consentito a Meloni di avere in Consulta un fedelissimo per sostenere l'inammissibilità del referendum abrogativo della legge Calderoli sull'autonomia differenziata (Ad). Non c'è da scandalizzarsi troppo. Chi ha seguito i primi anni della Consulta ricorda la complessa interazione tra le forze politiche volta a garantire il pluralismo, su nomi da tutti riconosciuti e condivisi. Ma quel mondo non esiste più. Ormai da tempo si entra a far parte della Corte costituzionale secondo un "modello Marini". L'unica novità di oggi è che il modello si è visto in action, ed è emerso sui social. Generando qualche reazione allergica, e magari la domanda: ma allora quando parliamo di difesa della Costituzione e di organi di garanzia a questo pensiamo? Proprio l'elezione appena mancata dimostra come sia pericoloso l'insieme delle riforme messo in campo dalla destra. Il blitz fallito di poco dimostra come al premier eletto direttamente con la "sua" maggioranza parlamentare garantita basterebbero pochi voti aggiuntivi per la nomina parlamentare dei giudici della Corte costituzionale. È quel che Meloni pensava di avere per Marini fino a poche ore dal voto. Lo stesso accadrebbe per l'elezione del capo dello Stato o dei membri del Csm. Ecco come è possibile, agendo su un singolo punto, indebolire o azzerare tutta una rete di garanzie. Fallito il blitz, può darsi che se ne riparli a dicembre, cessando il mandato di altri tre giudici. Il presidente Barbera, fissando una udienza il 12 novembre sui ricorsi delle regioni, può aver voluto giocare di anticipo. E non è irragionevole ipotizzare una dichiarazione di incostituzionalità parziale, su punti specifici. Ad esempio, sulla mancanza di qualsiasi specifica e dimostrata particolarità del territorio che giustifichi la maggiore autonomia richiesta. O la distinzione tra materie Lep e non-Lep. O la possibilità di Lep differenziati per territorio. O l'assenza di qualsiasi finanziamento in atto o in prospettiva per il Lep. O la generalizzata previsione di commissioni paritetiche, una per regione o provincia. O la norma transitoria di vantaggio per alcune regioni a danno di altre. Con ogni evidenza, il quesito referendario e i ricorsi delle regioni non sono passaggi banali. A Calderoli lunedì 7 alla Camera dei deputati le opposizioni interroganti hanno segnalato l'opportunità di una moratoria, in specie per verificare l'eventuale impatto di una pronuncia della Corte. Ma Calderoli, dopo aver puntigliosamente contestato che le mozioni "complessivamente, prevedono 81 premesse e 39 impegni" richiama le risposte che ha già dato nell'iter parlamentare della legge. In breve, non risponde perché ha già risposto. Ma come può aver risposto, se le firme sono state raccolte solo dopo la pubblicazione della legge, e lo stesso vale per la presentazione dei ricorsi delle regioni? Referendum e ricorsi hanno messo la destra in difficoltà e confusione. Sull'Ad siamo a una sceneggiata degna di Eduardo. Un vice di Meloni urla (da Pontida) che dall'autonomia conquistata non si torna indietro. L'altro vice al contrario dice che bisogna fermare le macchine. La premier dà sempre più la sensazione di non avere un suo indirizzo, forse per aver sottovalutato un problema che andava riportato sui giusti binari molto tempo prima. Più a lungo rimane inerte, più sarà difficile uscirne. I problemi di Meloni non ci interessano. Invece, una segnalazione ai parlamentari delle opposizioni. Sarebbe il caso di sollecitare una risposta di Giorgetti sulla possibilità di gestire il bilancio in presenza di ventuno commissioni paritetiche che separatamente hanno ciascuna un pezzetto di coordinamento della finanza pubblica. Ritiene il ministro che tale disegno - niente affatto imposto dall'art 116.3 - sia concretamente gestibile? Infine, una domanda per il presidente Barbera. L'attacco alla Corte sarà certamente ripetuto. Possiamo pensare a modi nuovi di tutelare autonomia e indipendenza? Ad esempio, introducendo le dissenting e concurring opinions che sono determinanti nel garantire trasparenza e piena assunzione di responsabilità nei processi decisionali della Corte Suprema degli Usa? Non sarebbero necessarie drastiche innovazioni normative, probabilmente bastando interventi minori nelle "Norme integrative". Vogliamo aprire una riflessione? Se il suo mandato si chiudesse con una Corte radicalmente nuova nel processo decisionale interno, di sicuro sarebbe una presidenza da ricordare.
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