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Sul referendum la Lega vuole spaccare il Paese
di Massimo Villone da il Fatto Quotidiano del 30/8/2024
Riparte l'offensiva leghista contro il referendum abrogativo della legge Calderoli con una intervista del ministro e una del capogruppo in Senato Romeo (Corriere della Sera e Giornale del 27 agosto). Il referendum spacca l'Italia e mette il Sud contro il Nord, mentre l'autonomia differenziata (AD) è un'occasione anche per il Mezzogiorno. In ultima analisi, le regioni possono far meglio dello Stato, con maggiore efficienza e minori costi. A leggere su queste pagine dei vitalizi esentasse in Trentino il dubbio è più che lecito. Mentre è nota la voglia dei sostenitori dell'AD di imitare il Trentino. I veneti in specie tengono al copia e incolla, ad esempio per il trattenimento del 90% delle tasse maturate sul territorio. E non per caso la legge Calderoli prevede commissioni paritetiche Stato-regione per le intese stipulate che ricalcano esattamente il modello delle regioni speciali. Ma contro le voci leghiste si alzano quelle di chi si oppone. Da ultimo, il vescovo Savino, vicepresidente Cei, riafferma con forza la contrarietà all'AD della Chiesa cattolica, cui si aggiunge quella valdese. E fa davvero sorridere che per Zaia si oppone chi non ha capito. Vorrebbe riservare a veneti e leghisti l'interpretazione autentica dell'AD? Più in generale, la richiesta di referendum ha generato una situazione politica nuova, in cui crescono i dissensi in FI e ora anche FdI nei confronti delle pretese leghiste. Calderoli non ne tiene conto e conferma la tempistica. Negoziato subito sulle materie non-Lep, e forse su altre in cui i Lep sono in dirittura di arrivo, a suo dire entro l'anno: ambiente, sanità, tutela dei diritti del lavoro, governo del territorio e istruzione. Il ministro vuole correre, e trova il sostegno di Fontana dalla Lombardia e di Zaia dal Veneto, FI alza un argine, con i livelli essenziali delle prestazioni (Lep) da acquisire pregiudizialmente in tutte le regioni. Si legge anche di una strategia di rallentamento dell'AD, fondata sulla valutazione dei ministri interessati, e sugli atti di indirizzo in Parlamento. In realtà la legge Calderoli è costruita in modo tale che Calderoli è in grado di avviare il negoziato con una o più regioni, di giungere a uno "schema di intesa preliminare", e di presentare lo schema in Consiglio dei ministri. Può condurre il gioco fino al punto dello scontro conclamato nella maggioranza e della minaccia di una crisi di governo. Questo scenario potrebbe essere evitato dalla presidente del Consiglio limitando il negoziato - ai sensi dell'art 2.2 della legge - su materie o ambiti di materie per la tutela dell'unità giuridica ed economica e delle politiche pubbliche prioritarie. Un potere che Meloni non ha fin qui inteso esercitare. Ma non potrà fingere a lungo che non ci sia scontro nella maggioranza e malcontento fra i suoi. Nel contesto, avrà un impatto il ricorso in via principale presentato da quattro regioni (Puglia, Toscana, Sardegna, Campania). Esiste una sinergia tra referendum e ricorsi che va colta nella sua portata. E non stupisce che regioni favorevoli all'AD come il Veneto si preparino a contrastare in Consulta le ricorrenti. Il referendum è uno strumento potente di mobilitazione, di coinvolgimento dell'opinione pubblica, di orientamento della politica. Ma la strategia referendaria presenta dei limiti. Per questo ho proposto da tempo di seguire anche la via del ricorso. Infatti, se anche la legge fosse abrogata col voto popolare, l'AD rimarrebbe tecnicamente possibile in base all'art. 116.3. Per di più, le leggi attuative volte ad approvare le intese stipulate tra stato e singole regioni sarebbero a loro volta sottratte a referendum, in quanto leggi "rinforzate". Dunque, il referendum è cruciale, anche perché è l'unico momento in cui il popolo avrà occasione di pronunciarsi sull'AD. È tuttavia superabile. Un referendum abrogativo colpisce solo la legge che ha a oggetto. La sentenza della Corte invece colpisce la legge dichiarata incostituzionale e al tempo stesso definisce i limiti per tutte quelle che seguiranno. Una pronuncia della Consulta sui ricorsi può porre gli argini costituzionali di una corretta lettura dell'AD, con un impatto non solo sulla legge Calderoli, ma anche in futuro su ogni legislazione in materia di AD. Per l'immediato, ricordiamo anche la possibilità di sospensiva nel caso di un'attuazione indebitamente accelerata. Ed è improbabile che la Consulta neghi l'ammissibilità del referendum e insieme rigetti i ricorsi regionali. Non si sottrarrebbe a un'accusa di parzialità. La stampa racconta di un Calderoli furioso. Capiamo che si senta accerchiato, tra un referendum firmato comodamente "dal divano" e i ricorsi. Stia sereno e pensi alla salute. E non ci voglia male se guarderemo sempre alla salus reipublicae prima che alla sua personale.
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