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Autonomia, Calderoli esce allo scoperto
di Massimo Villone da la Repubblica Napoli del 11/8/2024
In una lunga intervista (La Stampa, 9 agosto) Calderoli ha messo le carte in tavola per l’Autonomia differenziata. Troviamo il consueto linguaggio e i ben noti argomenti di merito, cui si aggiunge qualche aggiornamento. Il ministro ci informa di essere stato autorizzato da Giorgia Meloni ad “avviare i colloqui con le Regioni che hanno avanzato le prime richieste” e di voler accelerare “anche per smontare il polverone politico”. Si parte dunque entro fine settembre e inizio ottobre - con Lombardia, Veneto, Piemonte e Liguria - sulle nove materie non subordinate alla determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni (Lep), ma non solo. Calderoli ci dice che i Lep sono quasi pronti per ambiente, sicurezza del lavoro, governo del territorio, e che per la sanità con i Lea “il grosso del lavoro è fatto”. I primi Lep entro l’anno. E le risorse necessarie, la sostenibilità per il bilancio? Tutto bene, per Calderoli. Una quota dei Lep è di mera regolazione, e ha solo costi amministrativi. Poi con i costi e fabbisogni standard non è detto che i Lep aumentino la spesa. E risorse aggiuntive comunque necessarie? Verrebbero da una spending review regionale, tagliando sprechi e inefficienze. In sintesi, i risparmi della regione pagherebbero i Lep. Calderoli vede “margini enormi”. Il ministro attacca direttamente la Campania, sulla sanità. Bontà sua, non vuole “togliere risorse al cittadino campano”. Vuole solo “che quei soldi siano spesi meglio… i soldi ci sono ma occorre spenderli bene, ma forse qualcuno teme di non essere all’altezza”. Una secca risposta è l’unica possibile. Alla fine, il punto focale si trova nel logoro armamentario leghista del Nord virtuoso e del Sud straccione. Nessuna seria presa d’atto dei divari esistenti, delle diseguaglianze, dei diritti negati, della necessità di politiche attive di unità e coesione territoriale. È una rappresentazione che una crescente consapevolezza, certificata dalle tante firme referendarie, rifiuta soprattutto nel Sud e per il Sud. La vediamo nella distribuzione territoriale delle firme, e nel racconto su queste pagine del variegato popolo che si accosta ai banchetti. Chissà se Meloni capisce a fondo la macchina costruita dal suo ministro. Calderoli ci dice che dal 27 luglio decorrono per legge 60 giorni per l’acquisizione delle “valutazioni” dei ministeri competenti per materia e del Mef. Decorso il termine, anche inutilmente, il negoziato tra Calderoli e le Regioni è comunque avviato, in vista di uno “schema di intesa preliminare” da portare in Consiglio dei ministri su proposta di Calderoli medesimo. Questo nell’immediato. E gli alleati e i ministri riluttanti, incluso Giorgetti? E i tanti mondi contrari? E la Chiesa che raccoglie firme nelle parrocchie? E la valanga di firme già acquisite? E il voto popolare? Qualcuno si farà (politicamente) male. Ovviamente, per Calderoli è certa l’inammissibilità del referendum. Ne parleremo. Intanto firmiamo, tutte e tutti, online e ai banchetti. Su quel che accadrà le firme peseranno, in ogni caso. Ed è bene che si affianchi il ricorso in via principale alla Consulta. È una risposta immediata, che le parole di Calderoli ora impongono. Va considerata anche una richiesta di sospensiva, per la tempistica accelerata che si prefigura. Mentre per le opposizioni è essenziale agire tramite il sindacato ispettivo per sapere cosa tratti il ministro, con chi, e con quali esiti. Secondo rumors in rete, battendosi contro l’Autonomia e con il ricorso, De Luca avrebbe guadagnato o guadagnerebbe il suo terzo mandato. Sarebbe una mossa non priva di intelligenza politica, sul presupposto però di un ricorso davvero solido e sostenuto a fondo in giudizio. Leggeremo, quando possibile. Certo, a un presidente malamente sconfitto sul futuro della Regione non sarebbe facile mantenere lo scranno. Siamo a una inedita riformulazione di “il mio regno per un cavallo” (Shakespeare, Riccardo III) in “il mio mandato per un ricorso”. Attenzione. Quella storia finì male.
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