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Autonomia: ancora firme e ricorsi da scrivere bene
di Massimo Villone da il Fatto Quotidiano del 7/8/2024
C'è del nuovo nella politica italiana. In soli dodici giorni una valanga di quasi 500.000 firme online, cui si aggiungono i banchetti, ha sepolto i detrattori del referendum e gli arroganti fan dell'autonomia differenziata (AD) in stile leghista. Nessuno aveva previsto tante firme, in un tempo così breve. Perde rilievo la presentazione di quesiti da parte dei consigli regionali. È bene che una netta voce di popolo si sovrapponga a quella di un ceto politico che non esce del tutto da una sostanziale ambiguità, come mostrano le sceneggiate consiliari in Basilicata e Puglia. L'ambiguità in specie emerge dal secondo quesito parzialmente abrogativo approvato da alcuni consigli regionali: un ossimoro che lascia largamente intatto l'impianto della legge. Si vuole davvero abrogarla, o solo rallentarne l'applicazione? Peraltro, una rilevante novità arriva proprio dalla Puglia, che presenta un ricorso in via principale alla Consulta. Ho da tempo sostenuto che questo è il vero paracadute contro il rischio di una dichiarazione di inammissibilità del referendum in Consulta. Bene quindi la Puglia, cui dovrebbero fare seguito Campania e Toscana. Leggeremo i ricorsi, sapendo che anche la via davanti alla Corte non è priva di insidie. Bisogna, in generale, tradurre le censure nei termini di una lesione delle attribuzioni costituzionalmente garantite per la regione. Il comunicato della Regione Puglia, nel descrivere sommariamente l'iniziativa, sembra indicare un punto focale nel potenziale trasferimento alle regioni di tutte le funzioni in tutte le materie consentite dall'art 116.3. È una prospettazione da condividere. La mancanza di qualsiasi riferimento della AD a specificità proprie del territorio, con l'unica indimostrata e indimostrabile motivazione che la Regione può fare meglio, apre a un inedito scenario di competizione tra regioni. Massimizza le potenziali esternalità delle scelte di ciascuna Regione a carico di tutte le altre. Su questa premessa, elenchiamo in sintesi i punti della legge Calderoli da valutare ai fini del ricorso: possibilità di trasferire intere materie, non solo specifiche funzioni; marginalizzazione del Parlamento e delle Conferenze; limitazione del negoziato rimessa alla scelta discrezionale del presidente del Consiglio, non allo stesso Parlamento; Lep”determinati” ma non finanziati né tantomeno erogati; commissioni paritetiche in ciascuna regione per la gestione dell'intesa stipulata; norma transitoria che privilegia le regioni dei preaccordi del 2018. Zaia accusa il colpo. Per una volta sceglie un profilo basso e dichiara che l'AD non "è simile a quella dell'Alto Adige. Quella tratteggiata dalla legge Calderoli è una riforma di decentramento amministrativo, più sussidiarietà" (Corriere del, Veneto, 06.08). Ma una delibera consiliare (15.11.2017, in Bur 20.11.2017 n. 113) ribadisce per il negoziato la richiesta per tutte le 23 materie. Riporta la relazione di giunta che espressamente punta a eguale autonomia e acquisizione di risorse - 90% dei tributi maturati nel territorio regionale - rispetto al Trentino-Alto Adige. Mette in soffitta la dichiarazione di incostituzionalità(sent.118/2015) di quesiti referendari di analogo contenuto posti dalla l. reg. 15/ 2015. La verità di oggi non è più quella di ieri? Il voto dei veneti nel referendum del 2017 era santo e non spaccava l'Italia, mentre quello di tutti gli altri italiani oggi è diabolico e la spacca? Certo, una divisione c'è. Per le firme raccolte in rapporto alla popolazione prima è la Campania, seguita da tutte le regioni del Sud, mentre troviamo in coda tutte le regioni del Nord, che con il 46% della popolazione totale, raccoglie il 28.6% delle firme. Per il Centro, i valori sono 20%e 20.2%, Il Sud, con il 34% della popolazione, giunge al 51,2% delle firme. Il Sud corre. Ma le firme non seguono pedissequamente il colore politico della giunta regionale o le appartenenze. Si levano contro 1'.AD voci autorevoli della destra, come Marcello Veneziani (La Verità, 15.03) o Mario Landolfi (questo giornale, 04.08). Arrivano dubbi e perplessità persino da Giorgetti, sulla sostenibilità dell'AD. Cresce una consapevolezza popolare, che gli attori della competizione politica non potranno ignorare. E dobbiamo in ogni momento ricordare che non ci battiamo solo contro egoismi territoriali e diseguaglianze, ma anche contro il ritorno a un'Italia mera espressione geografica in una geopolitica nuova e carica di pericoli. Il sì all'abrogazione della legge Calderoli è un no alla frammentazione del Paese. È per il bene comune. Diciamolo forte e chiaro continuando la raccolta firme, tutte e tutti. Conteremo molto di più di quanto Meloni fingerebbe di consentirci solo in quel giorno, in cinque anni, in cui eleggere direttamente il suo mitico premier.
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