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Firme e rigore contro una “guerra” Nord-Sud
di Massimo Villone da il Fatto Quotidiano del 25/7/2024
Il 16 luglio il Veneto ha votato una legge che istituisce la "Giornata dell'autonomia". È fissata al 22 ottobre, data del mitico referendum del 2017 in cui "sotto la pioggia, 2 milioni e 272 mila veneti" - come dichiara enfaticamente Zaia - chiesero l'attuazione dell'art. 116.2 della Costituzione. Il 22 luglio Libero informa di un incontro in prefettura tra il presidente Fontana e la Commissione bicamerale per le questioni regionali in trasferta, per discutere di livelli essenziali delle prestazioni. Sorge qualche domanda Su iniziativa di chi? Quali sono gli obiettivi? Perché in Lombardia? E le altre regioni?Ancora il 22 luglio la Puglia ha approvato per la legge Calderoli (86/2024) un quesito referendario di abrogazione totale e uno parziale, come avevano fatto Campania, Emilia-Romagna, Toscana e Sardegna. Ho già scritto che il quesito parziale è un errore, non importa se doloso o colposo. Ma in ogni caso risulta soddisfatto il requisito della richiesta di cinque consigli regionali posto dalla Costituzione. Parte anche la mobilitazione per le 500.000 firme per il quesito totalmente abrogativo presentato in Cassazione il 5 luglio. Si va con certezza al referendum, se ammissibile per la Consulta. Secondo una giurisprudenza non proprio commendevole della Corte il rischio di inammissibilità c'è. Il dubbio sarà sciolto nel gennaio 2025. Per questo, il vero paracadute è nel proporre davanti alla stessa Corte un ricorso in via principale avverso la legge Calderoli da parte di una o più regioni. Potrebbe trovare in Corte una via meno accidentata del referendum. A quanto si sa, Campania, Puglia e forse Toscana stanno valutando se presentarlo. Sapremo entro la fine di agosto. Un quadro in movimento. Si evidenziano interessi contrastanti, politici e di territorio. Le notizie riferite in apertura ci dicono che sull'autonomia differenziata (Ad) il ceto politico e le istituzioni del Nord non intendono fermarsi o rallentare. Mentre nelle analisi e nei commenti risulta molto gettonato l'argomento che una guerra Nord-Sud deve essere evitata In principio, siamo d'accordo. Ma il contrasto esiste. Era stato già segnalato dai sondaggi, poi rispecchiati nel significativo esito del voto europeo. È probabile che ulteriori segnali vengano oggi nella raccolta delle firme, e domani nell'esito del voto. Come ridurre il rischio di guerra? Non basta il richiamo alla Costituzione. Chi ha il timone vuole consapevolmente stravolgerla. L'Ad è uno degli elementi nella strategia della maggioranza, per sbagliata e fallimentare che sia. Il richiamo ai buoni sentimenti costituzionali non è utile. L'Ad in stile Calderoli frammenta il Paese e produce conflittualità tra territori. Acquista peso la tesi che fa male anche al Nord. Lo argomenta in specie Stefano Fassina (Perché l'autonomia differenziata fa male anche al Nord, 2024) che elenca tra i danni per un'Italia ricondotta a mera espressione geografica il dumping regolativo su lavoratori e imprese, l'escalation di adempimenti burocratici, l'aumento dei costi. Ha ragione. Si può bene sostenere che un paese unito conviene al Nord come al Sud. C'è però un caveat. Assumendo come punto focale la convenienza per il Nord che spinge per l'Ad, sono possibili due letture. La prima è trovare la convenienza nel riallineare il Sud al Nord attraverso politiche industriali ed in specie investimenti sulle infrastrutture materiali e immateriali. È la tesi del Sud come seconda locomotiva, propugnata dalla Svimez come vero correttivo alla politica della locomotiva del Nord e del trickledown (sgocciolamento). Una politica che ha condotto alla stagnazione e alla caduta delle nostre presunte eccellenze - tra cui Veneto, Lombardia, Piemonte - nelle classifiche europee del Pil pro capite. La seconda è la convenienza di mantenere il Sud come serbatoio da sfruttare per le risorse economiche e umane che se ne possono ricavare, in specie per i giovani qualificati da attrarre con migliori prospettive di lavoro e di vita. Questo si ottiene garantendo al Sud una minima sopravvivenza attraverso i livelli essenziali delle prestazioni, ma poco o nulla di più. È lo scenario della progressiva desertificazione del Sud evocato nelle proiezioni demografiche. Lo richiama Marco Esposito (Vuoto a perdere, 2024). L'alternativa è tra il radicale ripensamento e la sostanziale conferma di quel che finora è in campo. Quale scenario prevarrà? Molto si deciderà nei prossimi mesi. Intanto nel ricordo dei veneti che votano sotto la pioggia vediamo il tentativo di una mitologia dell'autonomia veneta, da consolidare magari con l'insegnamento della storia del Veneto nelle (autonome) scuole venete. La raccolta di firme e il referendum che si avviano serviranno in ogni caso anche a contrapporre a quella veneta la storia d'Italia.
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