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Autonomia, turbamenti a destra
di Massimo Villone da la Repubblica Napoli del 5/7/2024
Questa mattina alle 10 in Corte di cassazione un comitato espressione di un vasto schieramento politico, sindacale e associativo, presenta il quesito per l'abrogazione della legge Calderoli. Ci sono anche io. Il deposito del quesito non preclude una uguale richiesta entro il 30 settembre da parte di cinque consigli regionali, ai sensi dell'articolo 75 della Costituzione. Cinque consigli regionali potrebbero anche aggiungere quesiti di abrogazione parziale. Se ne discute in queste ore. Ma perché presentarli? Essenzialmente per il dubbio che la Corte costituzionale ritenga inammissibile il quesito abrogativo totale. I motivi sono in sintesi due. Il primo. La legge Calderoli sarebbe "costituzionalmente necessaria" e come tale non totalmente abrogabile, perché direttamente attuativa dell'Autonomia prevista nell'articolo 116.3 della Costituzione. Argomento infondato, perché l'Autonomia garantita dall'articolo 116.3 non sarebbe toccata dall'abrogazione. Ricordiamo che con il governo gialloverde le bozze di intesa preparate dalla leghista Stefani arrivarono fin sulla porta del consiglio dei ministri senza alcuna legge-quadro, inventata da Boccia (governo giallorosso), confermata da Gelmini (governo Draghi) e poi da Calderoli. Il secondo. Il dubbio di inammissibilità viene dal collegamento della legge Calderoli al bilancio dichiarato dal governo, che la attrarrebbe nella preclusione dettata dall'articolo 75. Qui si risponde che il collegamento è strumentale, perché l'invarianza di spesa esplicitamente disposta nella stessa legge Calderoli esclude qualsiasi impatto concreto sul bilancio. Con il corollario davvero inaccettabile che il governo con siffatti collegamenti del tutto strumentali potrebbe a sua scelta sottrarre qualsiasi legge al vaglio popolare. L'inammissibilità non è certa, ma un dubbio c'è. Un quesito di abrogazione parziale - da parte dei cinque consigli regionali - potrebbe evitarlo. Un paracadute per avere in campo comunque una campagna referendaria, anche se la Corte costituzionale dichiarasse il quesito di abrogazione totale inammissibile. Ma qui valgono alcune considerazioni. I quesiti parziali potrebbero toccare punti significativi della legge, ma non capovolgerne o modificarne a fondo l'impianto divisivo. Se per ipotesi lo facessero, sarebbero a loro volta a rischio di inammissibilità secondo la giurisprudenza costituzionale perché troppo "manipolativi". C'è una contraddizione inevitabile tra un quesito totalmente abrogativo e quesiti parziali. Il primo rifiuta l'impianto della legge, i secondi lo accettano con correzioni. In più o meno ampia misura, danno ragione all'avversario. E questo pesa in una campagna referendaria, che non usa il fioretto di fini argomenti giuridici. Se poi si giungesse al voto con il quesito totale e i parziali insieme, si rischierebbe di dividere lo schieramento del sì, rendendo più difficile il raggiungimento del quorum e comunque favorendo il no della destra, se compattamente contraria a tutti i quesiti. Ritengo quindi da preferire il solo quesito totalmente abrogativo. L'inammissibilità è un rischio che val la pena di correre. Va piuttosto bilanciato con la presentazione di ricorsi in via principale. Una via a sua volta non facile, ma con la prospettiva di effetti più incisivi anche sugli scenari futuri se la Corte si orientasse per una dichiarazione di illegittimità costituzionale utile a chiarire natura e portata della maggiore autonomia ex articolo 116.3. Questo è importante, perché siamo solo alle schermaglie iniziali. Lo dice il "Corriere del Veneto" del 3 luglio riferendo di un disegno di prenegoziati riservati, preparatori di una "bozza condivisa" che non trovi poi ostacoli in consiglio dei ministri e in parlamento. In primo piano sarebbero commercio estero, rapporti con l'Ue, Protezione civile. In questa prospettazione la lettera inviata da Zaia a Palazzo Chigi è solo il fischio d'inizio della partita, ancora senza pubblico. Ma già notiamo che giocatori di peso non scendono in campo. Occhiuto dalla Calabria ha espresso critiche proprio sul commercio estero. Hanno poi preso le distanze il ministro Musumeci, e Rocca dal Lazio. Ne viene la domanda per Meloni: porrà limiti al negoziato come la legge le consente, a tutela dell'unità giuridica ed economica del paese e delle politiche pubbliche prioritarie? Spetterà alle opposizioni incalzare il governo e in specie Calderoli. L'Autonomia differenziata è lo specchio in cui si può rendere visibile l'Italia che la destra vuole. Nella campagna referendaria anche su questo si costruiranno il quorum e la vittoria del sì.
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