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Autonomia, le vie per fermare Calderoli
di Massimo Villone da la Repubblica Napoli del 30/6/2024
Dopo la – quanto mai prevedibile – promulgazione di Mattarella, è in Gazzetta Ufficiale la legge 86/2024 sull’Autonomia differenziata. Lascia gli ormeggi la vera madre di tutte le riforme. Bisogna ora togliere l’iniziativa dalle mani di Calderoli & Co. Vediamo quando, come e perché. Già decorrono i 60 giorni per il ricorso in via principale alla Corte costituzionale di una o più regioni, mentre la richiesta di referendum abrogativo da parte di 5 consigli regionali e/o 500mila cittadini deve essere presentata entro il 30 settembre. Sul referendum. Un rischio di inammissibilità esiste, ma nessuno si metta ora di traverso. Dobbiamo correrlo. Secondo gli ultimi rumors la Toscana si orienta per il referendum (oltre che per il ricorso). Lo stesso si può dire per la Campania. Analogamente l’Emilia-Romagna, con qualche titubanza. Prime indicazioni sono venute da Emiliano e da Todde. Sembra possibile giungere ai 5 consigli regionali necessari. Un segnale politicamente significativo, che potrebbe anche evitare la raccolta delle firme, non facile nel periodo estivo. Raccogliere le firme, peraltro, accrescerebbe la visibilità del tema e la consapevolezza nell’opinione pubblica. E il quesito? Certo va chiesta l’abrogazione totale. L’aggiunta di quesiti parziali merita una riflessione. Sarebbero di difficile comprensione, e non andrebbero oltre una correzione relativamente marginale del testo. Non potrebbero capovolgerne l’impianto divisivo. Sul ricorso. In generale, la Regione può agire per la lesione delle attribuzioni ad essa costituzionalmente riconosciute. Secondo un’opinione, avendo la legge Calderoli a oggetto le procedure per la formazione delle intese tra Stato e Regione, una eventuale lesione viene non dalla legge ma dalle intese poi stipulate. La risposta è che la legge è di per sé censurabile quando l’errore nel disegno procedurale del negoziato tra Stato e Regione rende impossibile una corretta formazione dell’intesa. Suggeriamo sinteticamente alcuni possibili motivi di ricorso. 1. Non si prevede che la richiesta di maggiore Autonomia sia giustificata da specificità della Regione. Si consente così lo shopping à la carte di competenze massimizzando le esternalità e il potenziale impatto su altre Regioni (violazione degli articoli 116.3 e 117). 2. Si consente il trasferimento di intere materie (violazione degli articoli 116.3 e 117). 3. Si ritaglia la potestà legislativa statale di dettare principi fondamentali, elementi essenziali di par condicio tra le Regioni (violazione dell’art. 117.3).4. Nel negoziato tra Regione e governo non entra mai in modo necessario e ancor meno cogente la valutazione dell’interesse delle altre Regioni. 5. Non si condiziona la devoluzione di materie e/o funzioni al finanziamento e alla effettiva erogazione dei livelli essenziali di prestazione (Lep), con possibili aggravi sul bilancio regionale. 6. Si affida alla valutazione discrezionale del premier una implementazione solo eventuale del principio di unità giuridica ed economica, che presidia anche la parità territoriale. 7. Si affida la gestione delle intese a commissioni paritetiche tra lo Stato e la singola Regione, precludendo la valutazione dell’interesse di altre Regioni. 8. Si privilegiano con la norma transitoria dell’art. 11.1 le Regioni firmatarie dei preaccordi, con un danno per le altre. Per alcuni punti può non essere ovvio l’interesse della Regione a ricorrere. Ma una differenziazione accentuata aggiunge al contesto noto del conflitto tra Regione e Stato uno scenario largamente inedito di conflitto tra Regioni. L’ha capito bene il presidente Occhiuto, paventando che regionalizzare il commercio con l’estero rechi danno alla competitività delle Regioni del Sud nell’export. Non diversamente, De Luca attacca sui contratti regionali integrativi per sanità e scuola. E si può fare l’ipotesi di una Regione non attrattiva per gli investimenti (ad esempio per carenze infrastrutturali) che cerchi di aumentare il suo appeal allentando i vincoli di tutela e sicurezza del lavoro, i limiti ambientali, o quelli sul consumo di suolo, o favorendo la gentrificazione dei centri storici, la privatizzazione estrema dei beni comuni, o altro ancora. Le Regioni più deboli hanno interesse in materie strategiche a regole generali uguali per tutti, a tutela non dello Stato ma di sé stesse. Diversamente, non si evita il rischio di una competizione insostenibile e di un dumping sociale e territoriale. La destra celebra l’Autonomia in salsa leghista come grande occasione per il Sud. È pubblicità ingannevole e truffaldina.
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