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Sul referendum l’Emilia Romagna non ha alibi
di Massimo Villone dal Manifesto del 23/6/2024
Che accade dopo la definitiva approvazione dell’autonomia differenziata? Sono in evidenza sia un referendum abrogativo ex articolo 75 della Costituzione, sia ricorsi in via principale alla Corte costituzionale da parte di una o più regioni. Abbondano polemiche e fakenews, su cui è bene fare chiarezza. Il referendum può essere chiesto, dopo la promulgazione e pubblicazione in gazzetta ufficiale della legge, da 500mila elettori o da 5 consigli regionali. La richiesta deve essere presentata entro il 30 settembre, per votare tra aprile e giugno 2025. Se il termine fosse superato, si voterebbe non prima del 2026. Si annunciano mobilitazioni per la raccolta delle firme. Ma non sfugge che i tempi sono ristretti. Lo sarebbero anche di più se il callido Calderoli riuscisse da Palazzo Chigi a ritardare anche di poco la pubblicazione. Assume dunque rilievo la richiesta da parte di 5 regioni. Le abbiamo? De Luca, Emiliano, Giani, Todde danno una disponibilità. Per l’Emilia-Romagna Bonaccini su Repubblica ci dice che a causa della sua prossima partenza per l’Europa la questione è allo studio. Per la legge 352/1970 sul referendum la richiesta spetta al consiglio regionale. La domanda è: la partenza di Bonaccini impedisce al consiglio regionale di chiedere il referendum? La risposta è no. Nel caso di scioglimento anticipato (articolo 32 statuto) l’assemblea rimane in vita fino alle successive elezioni, e può certamente compiere gli atti urgenti e indifferibili, ad esempio perché assoggettati a termini. Come è appunto il 30 settembre. Che è poi un termine ultimo. Il consiglio regionale potrebbe deliberare anche il giorno dopo la pubblicazione della legge. Lo stesso vale per il ricorso in via principale. In caso di cessazione anticipata dalla carica del presidente subentra il vicepresidente (art. 32.3 bis statuto). L’esecutivo rimane in vita e funziona. E siamo di fronte a un termine – 60 giorni dalla pubblicazione – che abilita ad adottare l’atto di impugnativa anche in regime di ordinaria amministrazione. Evitiamo dunque dubbi inutili. Potrebbero indurre il sospetto che il vero problema sia la poca voglia di schierarsi contro, con il supporto di fragili argomentazioni. Tra le quali si segnala quella della legge Calderoli come costituzionalmente necessaria, perché in diretta attuazione della Costituzione, e come tale sottratta in tutto o in parte all’abrogazione in via referendaria e persino alla dichiarazione di illegittimità da parte della Corte costituzionale. Un errore. Cancellando la legge Calderoli non si lede l’autonomia differenziata, che rimane tutelata dall’art. 116.3 della Costituzione. Quindi, non è in alcun senso «necessaria». La prova è nel fatto che al tempo del primo tentativo della ministra Stefani con il governo gialloverde nemmeno si parlava di legge quadro, introdotta solo successivamente. Mentre un dubbio sull’ammissibilità del referendum può venire per il collegamento alla legge di bilancio. L’inammissibilità non è certa, perché può mostrarsi strumentale e non giustificato un collegamento al bilancio laddove contestualmente si prescrive l’invarianza di spesa. Ma il dubbio rimane. Come rimangono i dubbi «politici», che concorrono a sollecitare la presentazione comunque dei ricorsi in via principale. Ad esempio, per l’effetto negativo di un mancato raggiungimento del quorum della maggioranza degli aventi diritto, particolarmente arduo in un contesto di forte astensionismo dal voto. O per i tempi del voto popolare relativamente lunghi, che lascerebbero una finestra per l’avvio immediato dell’autonomia differenziata in materie di rilievo. Non a caso, Il presidente della Calabria Occhiuto (Forza Italia) teme per il commercio con l’estero, materia immediatamente devolvibile e già nel mirino degli aspiranti secessionisti. Occhiuto ci mostra che l’autonomia differenziata introduce un modello – largamente inedito per il nostro paese – di competizione, e probabile conflittualità, tra regioni. In cui i territori più deboli potrebbero solo soccombere. Una realtà per nulla colta dai commentatori che – come Feltri su La Stampa, Velardi sul Riformista e Libero, Cottarelli su Repubblica – non vanno oltre banalità e luoghi comuni ormai fuori tempo. Sono gli ultimi giapponesi. Persino l’Europa si aggiunge ai molti e diversi mondi che in Italia si sono espressi contro l’autonomia differenziata. L’opinione pubblica è già spaccata, e nel voto europeo ha dato messaggi chiari. Da tutto questo è intelligenza politica ripartire.
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