HOME
|
ARTICOLI
|
DOCUMENTI
|
FORUM
|
COMITATI TERRITORIALI
|
INIZIATIVE
|
RACCOLTA FIRME
Resistenza popolare contro l’Autonomia
di Massimo Villone da la Repubblica Napoli del 29/5/2024
Una nota del Consiglio episcopale permanente della Cei censura senza se e senza ma l’AC 1665 Calderoli sull’Autonomia differenziata. Aumenterebbero diseguaglianze, divari ed egoismi territoriali. Per contro, il paese cresce solo “insieme”. Avevano gia alzato la voce molti vescovi del Sud, come l'arcivescovo Mimmo Battaglia. Ma qui parla tutta la Cei, con ben altro peso. Il messaggio deve ora giungere alle parrocchie, alle comunità di fedeli, come chiede Alex Zanotelli. La destra ha ignorato fin qui le quasi unanimi critiche, ma reagisce con insofferenza al documento Cei. A Calderoli dispiace “che ci sia un pregiudizio politico verso l’Autonomia e che ci sia stata una lettura superficiale” (intervista al Corriere del Veneto, 26.05). Toni grevi vengono dai fiancheggiatori del leghismo. Libero (26.05) titola: “La Cei boccia l’Autonomia ma l’obiettivo sono i soldi”. E spiega che l'ostilità è dovuta alle scelte del governo sull’8xmille, che riducono l’assegno alla Chiesa. Parole che non meritano commento. Nell'intervista Calderoli rivolge agli oppositori il vuoto argomento che è contrario il cattivo amministratore. Ai partners di coalizione, invece, manda una formale diffida: “E impensabile fare il Premierato senza fare l’Autonomia”. All’approvazione si giungerà probabilmente dopo il voto europeo. Ma c’è un timing, e le materie arriveranno a scaglioni: “Alcune sono già pronte subito dopo il voto, per le altre bisognerà aspettare la fine dell'anno o la metà dell’anno prossimo”. Un calendario spedito, che trova un indiretto sostegno nella notizia di una visita ieri di Nordio e Mantovano al Quirinale, possibilmente in vista del prossimo arrivo in Consiglio dei ministri del ddl costituzionale sulla riforma della giustizia. L’Italia degli staterelli si avvicina. Sapevamo già dell'intento leghista di partire subito dopo il voto europeo. La novità è l'obiettivo di un’attuazione piena entro la metà del 2025. Evidentemente il ministro pensa di non trovare ostacoli nel suo AC 1665. Nemmeno si preoccupa che i livelli essenziali di prestazioni (Lep) non potranno essere finanziati perché mancano le risorse, come l'ultima polemica sulla spending review a danno dei comuni dimostra. Certo, il ministro è in campagna elettorale. Ma dichiara un obiettivo plausibile, perché ha assegnato abilmente a sé stesso il ruolo centrale nell’attuazione dell’Autonomia differenziata. E' ragionevole prevedere che porterà presto in Consiglio dei ministri bozze di intesa con alcune regioni. Si fermerà se, e nella misura in cui, i partners di governo diranno no. Tutto questo al Sud interessa, perché nell'Italia arlecchino le politiche nazionali strategiche e necessarie - le richiama Raffaele Cimmino su queste pagine - volte all'eguaglianza dei diritti, agli investimenti nelle infrastrutture, al recupero dei divari territoriali possono solo diventare più difficili o essere del tutto precluse. Il tempo per reagire comincia ora. Bisogna adottare tutte le iniziative utili per un messaggio chiaro: nel Mezzogiorno chi segue Calderoli paga un prezzo nel consenso e nei voti. Occorre una resistenza popolare, In questa prospettiva si colloca il documento Cei. Come è rilevante la decisione della Via Maestra di sollecitare - lo ha ribadito Landini nel comizio a Napoli - le regioni a fare ricorso alla Corte costituzionale contro la (futura) legge Calderoli. Ancora, le opposizioni chiedano a Meloni se porrà i limiti al negoziato con le regioni sulle intese che Calderoli assolutamente non vuole. Chiedano a Calderoli quali funzioni ritiene da trasferire e quando, e se mantiene il suo antico amore per la macroregione. Per incidere sul voto ora e nei prossimi mesi bisogna rendere visibile l’Italia che la destra vuole. Ci risparmi invece Meloni il tormentone su quel che farà nel caso di sconfitta nel referendum sul premierato. Leggiamo (Patta, Sole 24 Ore, 26.05) che Palazzo Chigi riflette sullo slittamento del referendum fino alle politiche del 2027 per un effetto di trascinamento. E' l’ennesima sgrammaticatura istituzionale, questa volta a danno del popolo sovrano, ma alla fine conta che è l’Autonomia la prima madre di tutte le riforme. Calderoli afferma nell'intervista che Autonomia e Premierato rafforzerebbero ad un tempo regioni e governo. Falso. La partita è a somma zero tra chi vince e chi perde. Il premier in stile Meloni entrando a Palazzo Chigi scoprirebbe che nottetempo sono spariti dalla cassaforte poteri, funzioni, risorse. E non basterebbero spot, dirette social o passerelle per rimediare. Nemmeno a una premier detta Giorgia.
newsletter