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Le Regioni del Sud contro l'Autonomia
di Massimo Villone da la Repubblica Napoli del 22/3/2024
Apprendiamo di un fuori onda del ministro Calderoli sulla mordacchia da mettere alle opposizioni che in I Commissione Senato rallentano troppo il passo del premierato. Come? Troncando la discussione e andando senza relatore in aula, dove è possibile contingentare i tempi del dibattito. In realtà, è una diffida implicita alla sua maggioranza, della serie "volendo, si può fare". L'obiettivo è accelerare sul premierato per evitare il parallelo rallentamento sull'Autonomia differenziata attualmente in discussione nella Camera, sul quale il ministro vorrebbe invece allungare il passo per chiudere prima del voto europeo. E' la bandierina che la Lega vuole piantare, e che Giorgia Meloni e FdI sono riluttanti a concedere. Per regolamento, Calderoli ha ragione. Per questo ho scritto che nel nostro parlamento le opposizioni non hanno strumenti per bloccare la maggioranza, la cui compattezza è variabile decisiva. Ma è inaccettabile che al futuro del paese si guardi con la cortissima vista di scadenze elettorali segnata da risse sulle candidature, le liste, le alleanze, e il numero di mandati per sindaci e governatori in carica. Motivi futili e abietti, direbbero i penalisti. Ognuno ha le sue pene, e forse il ministro dovrà pazientare. Ma alla fine, se il voto sul suo ddl slittasse a dopo le europee, potrebbe trovare una convenienza. C'è chi pensa a un referendum abrogativo per la legge Calderoli (oggi AC 1665), una volta approvata. E' probabilmente inammissibile, ma non si sa mai. Se però il suo ddl diventasse legge ad esempio a luglio, questo farebbe comunque con ogni probabilità slittare l'eventuale referendum all'aprile-giugno 2026, per i tempi tecnici della legge 352/1970 sul voto popolare. Dal luglio di quest'anno al 2026, anche prima del concludersi della vicenda premierato, sarebbe possibile stipulare intese per l'Autonomia differenziata di una o più Regioni. Almeno sulle materie o gli ambiti di materia non-Lep - di notevolissimo rilievo - in cui i trasferimenti di funzioni e risorse non sono collegati a livelli essenziali di prestazione. Intese che non verrebbero meno anche nel caso di abrogazione referendaria della legge Calderoli. Un'abrogazione - direbbero i toscani - a babbo morto. Il momento più pericoloso per l'unità della Repubblica viene subito dopo l'approvazione del ddl Calderoli. Che le opposizioni non potranno impedire a lungo, e la maggioranza potrà rallentare, ma presumibilmente non mettere in soffitta. Potrebbero avviarsi intese, e anche esperimenti di macroregione. E' dunque decisivo per chi contrasta il realizzarsi dell'Autonomia differenziata in salsa leghista prendere l'iniziativa da subito, a partire dal voto finale sul ddl Calderoli. Per questo bisogna guardare al ricorso in via principale alla Corte costituzionale che la Regione può sollevare entro 60 giorni dalla pubblicazione della legge in G.U. E' un attacco esperibile immediatamente. Certo, nemmeno una dichiarazione di illegittimità della legge Calderoli bloccherebbe di per sé la stipula successiva di intese. Ma la Corte potrebbe chiarire la lettura costituzionalmente corretta dell'art. 116.3, ponendo alla sua attuazione gli argini che indubbiamente esistono. A quanto sappiamo, il presidente della Puglia Emiliano lavora alla ipotesi di ricorso, e sarebbe bene che altri presidenti seguissero. Basterebbe anche una sola Regione. Meglio più di una e in modo coordinato, per rappresentare i molteplici mondi contrari all'Autonomia differenziata: i maggiori sindacati, la scuola, la sanità, persino Confindustria, oltre a Bankitalia, Ufficio parlamentare di bilancio, Istat, Corte dei conti e un gran numero di studiosi, esperti, istituti di ricerca come la Svimez. Da ultimo Il cardinale Zuppi nel Consiglio permanente della Cei ha ribadito la preoccupazione della Chiesa per la "tenuta del sistema paese" e la necessità di mantenere "un quadro istituzionale che possa favorire uno sviluppo unitario". Una preoccupazione per l'unità d'Italia che si fa strada anche nella destra e ci accomuna, anche se per il resto molto ci divide. Marcello Veneziani, testa pensante della destra, si chiede a chi piace davvero l'Autonomia differenziata oltre il Lombardo-Veneto, lamenta che nessuno pensa all'Italia, e che per salvarla non basta "riassumere l'amor patrio nel consenso al premier" (La Verità, 15marzo).
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