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Dov’è l’illegittimità costituzionale nel ddl Calderoli
di Giovanna De Minico da il Sole 24 Ore del 16/3/2024
Il ddl 1665 Calderoli marcia spedito alla Camera con buone chance di essere confermato nel testo uscito dal Senato, non perché sia ottimo, ma per calcolo politico: portarlo a casa prima delle Europee. Un negoziato di bassa cucina, quando in piena campagna elettorale 2022 Giorgia Meloni barattò con Salvini la riforma di governo presidenziale contro il regionalismo differenziato. Rifletterò solo sul ddl 1665, anche se consiglio al lettore di leggerlo in abbinamento al disegno di revisione costituzionale sul premierato perché l'uno è la stampella dell'altro e insieme sono il pericolo per la Repubblica democratica. Spiego l'affermazione. Il ministro dice di attuare il progetto dell’art. 116, co. 3, Cost. e con ciò vorrebbe tenerlo indenne dai sospetti di incostituzionalità. Ma c'è modo e modo di accogliere la pretesa di alcune Regioni di avere di più di quanto spetti ordinariamente alle altre. Tra le tante forme attuative si é preferita quella che rompe con la cornice costituzionale. È vero, la scelta di saltare lo steccato dal regionalismo cooperativo a quello competitivo si deve all'art. 116, ma la norma ha come presupposto legittimante questo salto di corsia l'azione dello Stato di spingere avanti chi è rimasto indietro, e, ad allineamento avvenuto, di aprire le danze. Anche la scienza economica ritiene che una competizione sia “fair” se mette tutti sullo stesso piano. Ebbene, questo uguale terreno di gioco non è stato realizzato dallo Stato, che infatti non ha attivato le leve perequative del 119 Cost., mentre ha una fretta agitata di iniziare le Olimpiadi tra diseguali con un vincitore già certo dall'inizio. Questo è il primo inciampo nell'illegittimità costituzionale del ddl 1665. Neppure, l'esempio tedesco è bastato, forse il nostro legislatore non lo aveva letto prima di scrivere il ddl. La Germania ha pagato ben cinque punti di Pil per equiparare l'altra Berlino. Ma non è tutto: quando nel 2006 modificò la Costituzione, assegnando peraltro solo sei materie e di basso peso politico ai Lander ricchi, si riservò il potere di ripensarci, recuperando a sé la competenza prima ceduta ai Lander. Dunque, un disegno opposto al nostro per qualità, quantità e tessuto territoriale tendenzialmente coeso, pagato con i sacrifici di tutti i tedeschi. Da noi la lista delle materie è ben più lunga, significativa politicamente e priva del ripensamento statale, perché qualunque modifica si dovrà fare previo accordo con la regione, e infine poggia su un terreno di tendenziale disparità tra Nord e Sud, considerato che lo Stato non ha aperto il rubinetto dei flussi economici da chi ha a favore di chi non ha. Il secondo nodo da sciogliere riguarda i Lep (livelli essenziali delle prestazioni), affidati alla volontà del Parlamento (art.117, co. 2, lett. m., Cost.) che li dovrà individuare e dovrà attendere a questo compito senza indugio. Il ddl invece interpreta il 117 alla rovescia: i Lep li consegna all'arbitrio del Governo, che pensa di avere carta bianca in materia, visto che li selezionerà e determinerà con un decreto legislativo, che opera come se non fosse preceduto da una legge di delega, stante il silenzio assordante della stessa a riguardo. Inoltre, i Lep da imperativo kantiano sono stati mortificati a una ridicola prestazione dilazionabile nel tempo dal comitato Clep. In questa inversione del cronoprogramma politico il disegno Calderoli inciampa nella seconda incostituzionalità. Una mera questione di tempo mi si obietterà, eppure il tempo ha la capacita di far slittare un progetto politico dalla liceità all'illeceità e viceversa. I tempi del ddl 1665 sono questi: prima si compie la differenziazione e poi, se avanza qualche spicciolo, lo Stato potrà erogare i Lep. I tempi della Costituzione sono altri: prima i Lep, come priorità logica e cronologica alla deroga del principio di uguaglianza, e poi la differenziazione. Dunque, le illegittimità del ddl possono essere corrette, riducendo le materie, asciugando le relative funzioni e obbligando a esibire il particolare interesse territoriale a giustificazione della pretesa di avere di più. Per gli ulteriori correttivi a favore di un Parlamento “parlante” rinvio alla mia audizione alla I Commissione, Camera dei Deputati, 12 marzo. Invece, il ddl persevera nella devoluzione omnibus, le valutazioni legali tipiche che danno per scontato l'interesse regionale e l'assenza del Parlamento, come la convenienza elettorale impone. Infatti, la Lega per difendere la sua sopravvivenza da Fratelli d’Italia si gioca l'ultima carta in suo possesso: fare a brandelli l'ltalia e stracciare il mercato unico europeo. E se alle Europee si voterà in assenza di programmi una cosa però la dobbiamo ricordare: il voto non serve a rendere alcuni cittadini più uguali di altri, ma a proteggere l'identità di tutti come Repubblica democratica. Giovanna De Minico Docente di Diritto costituzionale, Università Federico Il di Napoli
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