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Autonomia, l'arma micidiale del Nord che uccide le politiche perequative
di Massimo Villone da il Quotidiano del Sud del 10/2/2024
Cresce l'allarme per la pretesa di Stellantis di incentivi statali per l'auto elettrica e la connessa implicita minaccia. È in sofferenza Pomigliano, dove con l'indotto si temono dieci o dodicimila posti di lavoro a rischio. Nel caso che la crisi Ilva volgesse al peggio, se ne aggiungerebbero moltissimi altri a Taranto. È lo scenario devastante di una desertificazione industriale del Mezzogiorno. Ovviamente non tutto accade oggi. C'è una lunga storia di errori, tolleranze, inerzie, che esperti, studiosi, sindacati hanno ampiamente arato nel tempo. Viene in evidenza la necessità di politiche nazionali, e dunque la capacità delle istituzioni statali di definirle e di supportarle con adeguate risorse. Il presidente Emiliano - se la notizia è corretta - manifesta la disponibilità della Regione Puglia ad aiutare per i debiti verso le imprese dell'indotto, e sarebbe utile. Ma potrebbe mai la Regione farsi carico del problema Ilva nella sua interezza? Lo stesso vale per il campano De Luca, che pure è sceso in campo per Pomigliano. LE MATERIE TABU' Qui troviamo il nesso con le riforme, a partire dall'autonomia differenziata. Si è discusso all'infinito sui livelli essenziali delle prestazioni (Lep), che per molti sono il parametro dell'accettabilità. Un tema importante certo,e ne parleremo, ma il punto nodale è un altro. Dobbiamo guardare al nucleo incomprimibile di politiche nazionali necessarie per il sistema Paese, con particolare riguardo a quelle funzionali al riequilibrio territoriale e alla riduzione di divari e diseguaglianze. Ad esse si lega l'interrogativo se rimane allo Stato, e in quale misura, la capacità di porle in essere e attuarle. Cosa bisogna a tal fine preservare, escludendo qualsiasi trasferimento alle Regioni di poteri, funzioni, risorse? Per esempio, per infrastrutture, scuola, sanità, trasporti, energia, lavoro, ambiente? Questa domanda non ha ricevuto un'attenzione ad adeguata nel dibattito parlamentare. È davvero singolare, perché qui i parlamentari decidono se, e in quale misura, vogliono diventare un'assemblea di zombie. RISCHI DEI TRASFERIMENTI Eppure, se ne coglie solo una traccia nell'articolo 2.2 del ddl Calderoli (ora AC 1665), per cui il presidente del Consiglio può limitare, per materie o ambiti di materia, la trattativa con la Regione in vista dell'intesa ai sensi dell'articolo 116.3 della Costituzione. Ma è un argine evanescente, esposto agli equilibri e ai ricatti interni della coalizione di governo, ed è comunque superabile dalla successiva legge approvativa dell'intesa. Trasferimenti di poteri, funzioni, risorse potrebbero giungere ai blocchi di partenza - salvo ricorsi alla Corte costituzionale delle Regioni - subito dopo il voto finale sul ddl Calderoli, probabile prima delle elezioni europee. In una recente assemblea in Veneto, Roberto Calderoli ha promesso alla platea festante di portare risultati in termini di maggiore autonomia entro la fine di quest'anno. Pensa dunque a prime intese a tempi brevi, probabilmente con Regioni che hanno già avviato l'iter (Lombardia e Veneto?). Potrebbe accadere sia per le materie che lo stesso ddl Calderoli definisce non-Lep, che per le funzioni non-Lep nell'ambito di materie Lep. Per esempio, sono materie non-Lep il commercio con l'estero, i rapporti con l'Unione europea, le professioni. E se a qualcuno venisse l'idea di un viottolo della seta, o di una trattativa separata con Stellantis, o sull'agricoltura? E se venissero leggi regionali sugli ordini e le professioni, per esempio per medici, infermieri, avvocati? Su questo oggi lo stato potrebbe avere l'ultima parola. Ma domani? E se, per tenere buoni i trattori, qualche Regione mettesse le mani sull'assicurazione agricola per eventi estremi, per dare più competitività alle imprese del territorio? E se, andando oltre, partissero i contratti integrativi per sanità e scuola colpiti dagli anatemi di De Luca? Oggi leggi-principio e norme generali sull'istruzione potrebbero fermarli. E domani? PEREQUAZIONE SMANTELLATA Il governo in carica ha smantellato le poche politiche nazionali perequative in atto, per esempio togliendo 3.5 miliardi di euro dal fondo di perequazione territoriale. Agli onorevoli De Luca e Sarracino (Pd) in question time alla Camera il 7 febbraio Salvini ha risposto che si provvede con le politiche generali del governo, e che i divari non vengono dall'autonomia, ma nascono con il centralismo. Vero, ma c'è una differenza. Senza la riforma Calderoli, a un governo nordista come quello attuale, che crea divari o li mantiene, ci si può battere in Parlamento per nuove regole e scelte. Con l'autonomia in salsa leghista verrebbero invece meno gli strumenti per reagire. In quel caso non servirebbero nemmeno i trattori.
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