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Ddl Calderoli e premierato i pericoli in due tempi della nuova Italia in stile Meloni
di Massimo Villone da la Repubblica Napoli del 4/2/2024
Il disegno di legge Calderoli sull’Autonomia differenziata è approdato (AC 1665) nella I Commissione della Camera, mentre la maggioranza cerca un faticoso accordo sul premierato. Il testo Casellati era sgradito persino al palato grosso della destra, e vedremo gli emendamenti. La nuova Italia in stile Meloni viaggia in due tempi: il primo sull’Autonomia, il secondo sul premierato. Vediamo il primo. Salvo ritorno in Senato e navetta, le opposizioni non riusciranno a impedire il voto finale prima delle urne europee, perché il regolamento parlamentare non consente argini insuperabili. Ma devono comunque stare in campo senza se e senza ma, perché l'incidente di percorso è sempre possibile, e ancor più per offrire argomenti contro il disegno leghista nel successivo svolgersi. Ad esempio, con i ricorsi alla Corte costituzionale sui quali De Luca - visto l'impegno che ha assunto - farebbe bene ad allertare fin d'ora i suoi uffici. A cosa guardare? In primis, alla incompatibilità con gli assetti costituzionali vigenti del disegno leghista, che punta sostanzialmente a un'Italia assemblaggio di regioni speciali. Possiamo ricordare che la trasformazione del Veneto in regione speciale era tra i quesiti ipotizzati dalla legge regionale che prevedeva il referendum consultivo sull'Autonomia citato infinite volte da Zaia. La legge fu dichiarata sul punto illegittima dalla Corte costituzionale nella sentenza 118/2015. Poi, abbiamo le incongruenze nel ddl Calderoli. Si segnalano ad esempio i commi 9 e 10 dell'art. 3, che fino all'adozione entro due anni di decreti delegati per i Lep (livelli essenziali di prestazione) richiamano in vita la legge di bilancio recante una disciplina del tutto diversa. Si potranno avere Lep prima dei decreti delegati? Decisi come e da chi? Forse per dare un disco verde anticipato a qualche regione favorita? Il dubbio viene, perché ancora il ddl Calderoli all'art.11.1 prevede un percorso in qualche modo privilegiato per le regioni con cui si sia già avviato il "confronto congiunto" con il governo (Lombardia, Veneto, Emilia-Romagna). Per queste gli atti regionali di iniziativa presentati sono esaminati secondo le "pertinenti disposizioni della presente legge". Quali sono quelle non pertinenti, e dunque inapplicabili? Ai molti interrogativi sul ddl Calderoli si aggiunge il 1°febbraio l'audizione dell'Ufficio parlamentare di bilancio (UPB) – autorevole organo tecnico - presso la Commissione bicamerale per le questioni regionali. Ribadisce i dubbi già espressi in audizione alla I Commissione senato, segnalando in specie il rischio di frammentazione. L'Italia paese-arlecchino, secondo una formula non poco usata. Qui un dubbio. Un Italia-arlecchino di semi-staterelli quasi-sovrani è un disegno demenziale persino per i leghisti. Forse pensano ad altro. Per l'art. 117 della Costituzione "La legge regionale ratifica le intese della Regione con altre Regioni per il migliore esercizio delle proprie funzioni, anche con individuazione di organi comuni". E se tali organi fossero un'assemblea composta di consiglieri regionali, e un consiglio dei presidenti di giunta? E se le regioni leghiste del Nord li istituissero per gestire le autonomie e le risorse che pretendono nelle infrastrutture, nella scuola, nella sanità, nel lavoro, nel governo del territorio e altro ancora? Forse avremmo qualcosa di diverso da un'Italia-arlecchino. Qualcosa di simile nella sostanza al "divorzio di velluto" dei primi anni '90 tra la Repubblica Ceca e la Slovacchia. E di molto vicino al pensiero di Miglio e della prima Lega. Nel secondo tempo delle riforme insegue in affanno il premier caro alla Meloni. Potrebbe accadere che conti assai poco. Quanto pesa il premier di un'Italia che per la parte più ricca e forte di fatto si autogoverna? Quanto pesa il parlamento? Come rispondono a bisogni e speranze di oltre venti milioni che vivono nell'altra Italia? Suscita ilarità la zuffa a destra sulla bassa cucina del premier di scorta. Pare che si accordino sulla possibilità di sostituzione di quello eletto in casi eccezionali, come la morte, l'impedimento permanente e le dimissioni volontarie. E cosa manca, il rapimento del premier da parte di un UFO? Se le riforme andranno in porto siamo certi di tre cose. La prima: mai nella storia repubblicana fu un parlamento così disposto a tagliarsi gli attributi. La seconda: nel Sud i parlamentari della destra pagheranno il conto per aver lasciato annegare gli oltre venti milioni che pure rappresentano. La terza: nel cortile di Palazzo Chigi vedremo il remake dell'OK Corral.
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