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"Le Regioni devono andare alla Consulta. E poi il referendum" - Intervista a Massimo Villone
di Ilaria Proietti da il Fatto Quotidiano del 25/1/2024
"Sono 20 anni che investiamo su un falso mito, ossia la teoria della locomotiva del Nord. E l'unico risultato è impietoso: crescita zero. Non contenti adesso continuano a insistere nell'errore, con un'impostazione che non solo penalizza il Sud, ma che continua a non convenire all'intero Paese". Il costituzionalista Massimo Villone è un rasoio sull'Autonomia differenziata firmata dal leghista Roberto Calderoli e approvata in prima lettura martedì in Senato. Ieri, invece, in quattro e quattr'otto Palazzo Madama ha bocciato la proposta di legge di iniziativa popolare del vostro Coordinamento per la Democrazia Costituzionale per impedire che l'autonomia differenziata spacchi l'unità del Paese. Sarebbe stato evidentemente più logico discutere questo testo che imponeva una riflessione costituzionale che riteniamo necessaria e che è invece mancata. Ma questo passaggio, il soffermarsi sui punti evidenziati dalla nostra controriforma, rischiava di essere una zeppa nei piani del centrodestra. La Lega doveva potersi intestare l'autonomia utile allo scambio con il premierato su cui Fratelli d'Italia vuole andare poi all'incasso in vista delle prossimi consultazioni elettorali. Come dire, questa maggioranza mette mano agli assetti istituzionali per ragioni di bassa cucina: si giocano il Paese per grattare qualche voto in più. Dopo il primo via libera all'autonomia di Calderoli che succede? Succede che bisogna prendere atto che la resistenza in chiave parlamentare rischia di non essere sufficiente, perché non c'è un terreno di condivisione possibile sull'assetto dell'Italia che hanno in testa questi signori. Del resto Giorgia Meloni in campagna elettorale aveva promesso di rivoltare l'Italia come un calzino. Gli scambi sono solo all'interno della maggioranza e semmai con partitini disponibili a fare la politica del gettone. Cioè? Un po' come quei tecnici che conoscono solo la logica "entra il gettone, esce il pensiero". Torniamo a quel che succede ora dopo l'approvazione in prima lettura dell'autonomia. Quale dovrebbe essere la strada di chi dice no? L'unico modo è la resistenza popolare rispetto a questo stravolgimento politico e istituzionale che si vuole mettere in atto. E va fatta un'opera di informazione perché tutti gli italiani capiscano dove ci porta tutto questo. E cioè a una ricetta che non conviene a nessuno, non solo al Mezzogiorno. Creare 21 pezzi che si possono gestire dal punto di vista giuridico e finanziario su materie come sanità, scuola, infrastrutture o energia con l'unica prospettiva di tante piccole patrie italiane che non sarebbero più forti di come è il Paese oggi. Per questo ritengo che questa autonomia non convenga a nessuno. L'unica cosa che conviene a tutti, anche al Nord, è una politica di riduzione dei divari territoriali. Basta guardare i dati: da quando si è iniziato a investire sulla prospettiva della cosiddetta locomotiva del Nord la crescita si è fermata. Quali azioni possono essere messe in campo in questo momento? Noi dobbiamo costruire una rete intanto per far partire una operazione di presa di coscienza collettiva. Insomma intendiamo rompere le scatole su tutto e il più possibile anche sul premierato che è un altro disegno scellerato che rischia di mandarci a sbattere. E sull'Autonomia? Intanto va capita la disponibilità delle Regioni a sollevare ricorso in via principale alla Consulta una volta che il testo sarà approvato e stesso discorso vale per le intese che dovessero essere approvate. Poi c'è la partita dei conflitti di attribuzione sempre davanti alla Corte per la parte dell'attuazione amministrativa. E in ultima analisi c'è la strada del referendum che rende necessario raccogliere 500mila firme: una strada praticabile solo se ci sarà una grande mobilitazione democratica.
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