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Un baratto infame sull'autonomia differenziata
di Massimo Villone dal Manifesto del 25/11/2023
Il ddl Calderoli (AS615) lascia la commissione diretto all'aula del senato. Arriva in commissione il premierato (AS 935). Uno scambio tra Lega e Fratelli d'Italia? Sarebbe un baratto infame su temi di cruciale importanza, volto al gretto interesse dei due maggiori partners della coalizione di governo di piantare ciascuno la propria bandierina. Il presidente della I commissione senato Balboni (FdI) nega che il baratto ci sia. Ma è nelle cose, anzi nelle date. L'AS 935 è presentato il 15.11, è assegnato alla commissione il 21.11, e Balboni – relatore - apre le danze il 23.11. Otto giorni tra presentazione e relazione. Un record per un "normale" disegno di legge. Il 21.11 la commissione licenzia l'AS 635 e riceve l'AS 935. Nel verbale della commissione Balboni riconosce che «sarebbe stato preferibile avere più tempo per ulteriori approfondimenti», ad esempio audizioni chieste dal sen. Giorgis e da altri. Quindi, si accelera per chiuderei lavori sull'AS 615 e ad un tempo aprirli sull'AS 935. Baratto, o fatale coincidenza? Vedremo ora i tempi dell'aula sul ddl Calderoli. Gli emendamenti consentiti dalla maggioranza non ne hanno scalfito i tratti essenziali. Rimangono indeterminati i limiti dell'autonomia, rimane la prospettiva che i divari territoriali non si riducano o addirittura si aggravino, rimane l'emarginazione del parlamento. In più, per l'art.10 (ora 11) si possono tenere in vita gli accordi già raggiunti con le tre regioni capofila (Lombardia,Veneto, Emilia-Romagna), nel caso presumibilmente esentate, in parte significativa, dalle procedure poste dall'AS 635. Ricordando sempre che a pensar male si fa peccato ma si indovina, viene l'idea che Calderoli potrebbe con poco cucinare per Palazzo Chigi una bozza di intesa con regioni amiche. Anche prima di approvazione e firma sarebbe un piccolo colpo di teatro, buono per qualche scadenza elettorale. Vedremo anche il passo dell'AS 935. Ma quel che conta è cosa del disegno originale rimarrà, e non potrà essere sacrificato. In realtà ce lo dice Giorgia Meloni. Promettendo con la massima pubblicità possibile agli italiani di farli contare di più, la premier ha stabilito un confine insuperabile: non si cambia quel che venendo meno la renderebbe bugiarda. Rimarranno dunque l'elezione diretta del premier, e probabilmente l'impianto maggioritario: elementi indispensabili a dare una parvenza diverità alla promessa di Meloni. Si potranno raffinare - ad esempio, soglia minima per il maggioritario – ma non espungere. Il che ci dice anche che la via emendativa per correggere il testo è illusoria. Al referendum si arriverà inevitabilmente. E un nuovo avviso del clima del futuro premierato lo troviamo nell'arroganza mostrata sulla data dell'incontro con CGIL e UIL. Sul premierato la Meloni ha poche idee, ma chiare. Non così sull'autonomia, come dimostra nel question time di giovedì 23.11. Da una domanda della senatrice altoatesina Unterberger e dalla risposta di Meloni apprendiamo che i presidenti delle autonomie speciali – salvo la Sicilia - hanno presentato una proposta, che chiedono sia tradotta in un disegno di legge del governo. È volta a tutelare le maggiori competenze delle autonomie speciali rispetto alle regioni ordinarie, e introdurre una intesa necessaria nel procedimento delle leggi costituzionali di revisione degli statuti speciali. Si prevede in specie la decadenza della legge dopo la prima lettura nel caso di mancata intesa entro tre mesi. Meloni dichiara che il governo ha atteggiamento aperto e spirito collaborativo, e soprattutto che la questione è affidata al ministro Calderoli. «Siamo in ottime mani», conclude. Non giudichiamo le mani. Ma ci permettiamo di segnalare alla premier che la proposta smantella la potestà di revisione per quanto riguarda gli statuti speciali. Se la regione o provincia interessata non è d'accordo lo statuto speciale diventa equivalente alla forma repubblicana, che per l'art. 139 «non può essere oggetto di revisione costituzionale». Per l'art. 7.5 dell'AS 615 le disposizioni statali successive alle intese tra stato e regione "osservano le competenze legislative e l'assegnazione delle funzioni amministrative nonché le ulteriori disposizioni contenute nelle intese". Quindi le intese bloccano legislazione e amministrazione statale. Con la proposta delle autonomie speciali svanisce la potestà di revisione costituzionale se la regione o provincia non consente. Tempi bui per la Repubblica una e indivisibile.
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