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Le piazze piene segno del “no” al premierato
di Massimo Villone da la Repubblica Napoli del 19/11/2023
La prova del successo dello sciopero generale proclamato da Cgil e Uil si trova nella lettura della stampa che abitualmente dà voce alla destra, ad esempio il Giornale, il Foglio, o Libero, che titola a tutta pagina “Landini e Bombardieri. I gemelli dell’autogol”. Emerge una evidente acrimonia, probabilmente anche per la sorpresa delle piazze piene. Secondo un’opinione, il “bullo” Salvini alzando la tensione ha fatto un favore al sindacato. Giorgia Meloni ha cercato - e non è la prima volta - di contenere l’aggressività del suo vice, e di tenersi fuori della mischia. Un tentativo destinato a fallire, perché nella coalizione di governo è in corso una competizione in cui la Lega - salvo forse Giorgetti - accelera di continuo e alza la voce per segnare una presenza. Meloni e Fdl in sostanza rincorrono e fanno opera di contenimento. Si dice che l’obiettivo sia il voto europeo del 2024, ed è vero. Ma possiamo essere certi che lo scontro continuerà anche dopo, proiettandosi verso il futuro voto politico. Il “bullismo” di Salvini, peraltro, non è solo espressione della competizione per l'egemonia nella maggioranza. È anche elemento che concorre a definire quel che è la destra al potere, e quel che vuole. Nella proposta di premierato, ora depositata in senato (AS 935), sono mantenuti tutti i punti che hanno suscitato perplessità e censure. Come si valuta un premier eletto direttamente per la legislatura con un maggioritario al 55 per cento? I cittadini - dice Giorgia Meloni - contano di più perché decidono chi governa. Ma anche a volerlo credere - e non lo crediamo - conterebbero di più solo nel giorno del voto. Mentre dalla garanzia al premier eletto della poltrona per il quinquennio della legislatura viene il corollario che nei cinque anni non si disturbi il manovratore. I cittadini decidono, poi tacciono per cinque anni. Se volessero alzare la voce andrebbe messa la mordacchia. Ordine e disciplina. Il paese come una caserma. D'altronde, la partecipazione democratica non troverebbe sponda in un parlamento reso docile dal maggioritario e dalla minaccia di scioglimento nelle mani del premier. Ecco che la prepotenza di Salvini e il suo disprezzo per il sindacato si mostrano come elementi del tutto coerenti con il disegno complessivo, che anzi concorrono a definire. In un regime di premierato gli atti di bullismo istituzionale sarebbero la regola, e non l’eccezione. Ne cogliamo il riverbero anche sull’autonomia differenziata, altro pilastro del disegno riformatore della destra, ora in dirittura d’arrivo nella I commissione del senato (AS 615). Non ci attarderemo a ricordare ancora una volta la sostanziale certezza che aumentino i divari territoriali e le diseguaglianze, già oltre il livello di guardia. Né ricorderemo come i famigerati livelli essenziali delle prestazioni (Lep) si siano rivelati un miraggio, e che si punti all'autonomia senza Lep, come bene si evince dall’intervista del ministro Calderoli a La Stampa dell’11 novembre. Qui invece vogliamo notare che l’autonomia differenziata toglie comunque al governo e al parlamento poteri, funzioni e risorse. E che sono a rischio in modo particolare le politiche nazionali per il Sud. Invece, la destra meridionale è nella quasi totalità acriticamente schierata con il governo e Calderoli, facendo proprio il mantra dell’autonomia come occasione per il Sud di risalire la china. Una menzogna manifesta, mai sostenuta da uno straccio di dimostrazione. Ne viene che il Sud deve disturbare il manovratore. Nella manifestazione, Landini ha legato l’attacco al diritto di sciopero al più generale attacco alla Costituzione, che la destra vuole stravolgere. È un collegamento del tutto ovvio, per cui Schlein e Conte avrebbero fatto meglio a partecipare. Landini schiera il sindacato nella battaglia che verrà. È un passaggio importante, perché il punto di caduta sarà probabilmente un referendum, richiesto ex art. 138 da un quinto dei parlamentari. Per la vittoria del no sarà essenziale l’appoggio del sindacato, che è l’unica organizzazione veramente di massa, strutturata e radicata, rimasta nel nostro paese. E come Meloni ha già aperto la sua campagna referendaria, così il sindacato farebbe bene ad avviare fin d’ora la propria. Se il no vincesse, ne verrebbe un colpo anche all’autonomia differenziata, legata al premierato dal patto scellerato di coalizione. Quindi la riuscita dello sciopero di venerdì va ben oltre la difesa di un diritto dei lavoratori, ed è un ottimo auspicio per chi vorrà difendere dall'attacco della destra la Costituzione, la democrazia, il paese.
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