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Reddito e Pnrr, se la destra scopre le carte
di Massimo Villone da la Repubblica Napoli del 4/8/2023
Le scelte che negli ultimi giorni da Palazzo Chigi hanno colpito i percettori del reddito di cittadinanza e i progetti di molte amministrazioni locali volti soprattutto a riqualificare periferie degradate e difficili danno il segno di qual è l’indirizzo di un governo di destra. È un segno chiaro: gli ultimi rimangano tali. A Napoli la tensione è rimasta alta. E bene si comprende, visto il censurabile show del governo in parlamento. Per il reddito di cittadinanza, in specie, è innegabile un grave ritardo. Della necessità di un cambiamento radicale si parla da mesi. È stato un tema centrale del confronto politico. Ma, a quanto pare, nessuno nella maggioranza ha pensato che fosse indispensabile assicurare una transizione senza strappi. Secondo l’ineffabile ministra Calderone va bene sospendere un sostegno all’inizio di agosto mentre il nuovo regime parte il 1° settembre. In fondo, cosa è mai, un mesetto appena. La ministra proprio non capisce. Per chi nulla ha, e si alza ogni giorno chiedendosi come arrivare a sera, un mese è un tempo infinito. E poi, parte davvero con il 1° settembre il nuovo regime? Si segnalano carenze molteplici sul piano organizzativo, sulle cose da fare, come e da parte di chi. Abbiamo appreso persino che sarebbe al momento impossibile identificare i “fragili” destinati a usufruire dei vantaggi evocati per il nuovo regime. La macchina da montare è complessa, e i pezzi sono in larga misura ancora a terra. Cosa ci aspettiamo che accada il 1° settembre, se verrà magari un altro sms, che chiede di avere pazienza e forza d’animo? Diremo che qualche giorno di digiuno fa bene alla salute? Alla fine, si ha l’impressione che il governo abbia creduto alla propria propaganda, partendo dall’idea che in fondo tutti i percettori di reddito di cittadinanza fossero “divanisti” fannulloni e succhiasoldi. Certamente gli approfittatori ci sono stati e sempre ci saranno laddove si elargiscono soldi pubblici. Vanno colpiti. Ma con il reddito di cittadinanza tanti hanno avuto la possibilità in tempi difficili di salire un gradino – magari uno solo - al di sopra della disperazione. Di questi bisognava tener conto. Come anche bisognava considerare che gli interventi volti a cambiare radicalmente il volto in periferie difficili – come, ad esempio, a Napoli Scampia o Taverna del Ferro – non sono un lifting estetico. Sono atti politicamente significativi e di grande impegno, perché colpiscono interessi che prosperano nel degrado e vogliono mantenerlo. Non è un caso, come ricorda il sindaco Manfredi, che i progetti siano stati elaborati con una ampia partecipazione di base, e siano stati vissuti come una vittoria e un recupero di speranza. Le incertezze che il ministro Fitto non ha per niente dissipato sui fondi sostitutivi dei 16 miliardi perduti – quali, quando, con quali procedure – colpiscono quella speranza, e non un’operazione burocratica di ordinaria manutenzione urbana. Per non dire poi che, se le nuove risorse venissero da fondi già destinati o destinabili alle amministrazioni locali del Sud, l’esito ultimo sarebbe comunque – e lo ricorda anche Manfredi – un taglio dei finanziamenti in termini assoluti. Quindi, fa bene il consiglio comunale di Napoli a votare – come leggiamo su queste pagine - all’unanimità. Ma i consiglieri dell’opposizione dovrebbero considerare che da Palazzo Chigi vengono segnali negativi che non si limitano a reddito di cittadinanza e 16 miliardi di progetti. Si pensi ad esempio al tentativo in atto per l’autonomia differenziata di ridurre il più possibile l’ambito di applicazione dei livelli essenziali di prestazione (Lep) attraverso l’elaborazione pseudo-tecnica del Comitato istituito da Calderoli (Clep). Cosa sono i livelli essenziali se non la garanzia che ne possa usufruire anche chi non potrebbe permettersi di pagare le prestazioni di tasca propria? Non sorprende che le carte rimangano nascoste. Bene hanno fatto il parlamentare Sarracino e altri a presentare un’interrogazione (Camera 3-00570) perché il ministro le renda disponibili. Se poi guardiamo quel che il governo fa in altri campi ancora, ad esempio con le blandizie agli evasori, un dubbio viene. Il presidente Mattarella ha da ultimo detto, ricevendo unanimi consensi, che bisogna «mettersi alla stanga». Siamo d’accordo. Ma la destra al governo intende quelle parole nel senso che bisogna mettere alla stanga gli ultimi, perché tirino il carro dei primi.
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