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Pnrr, reddito, Autonomia: attacco al Sud
di Massimo Villone da la Repubblica Napoli del 30/7/2023
Sapevamo già che il governo navigava in acque agitate. La giustizia, il fisco, Santanchè, La Russa, sottosegretari assortiti, da ultimo un anomalo garante contro la fake news istituito con dpcm, in spregio delle garanzie costituzionali della libertà di stampa. Ma non pensavamo che l'indirizzo politico di governo potesse puntare a un autunno anche più caldo dell'estate che stiamo vivendo. Arrivano notizie preoccupanti. Non bastava definire il salario minimo una misura "sovietica" (copyright Tajani). Viene comunicata via sms la sospensione del Reddito di cittadinanza, che con ogni criticabile difetto era pur sempre una misura di contrasto alla povertà. Milioni di poveri assoluti e relativi, concentrati nel Mezzogiorno, possono aspettare. Leggiamo su queste pagine che in Campania 43000, e solo a Napoli 23000, perdono un sostegno comunque essenziale. La protesta davanti alla sede Inps è il primo refolo di un vento che potrebbe diventare tempesta. Il coronamento arriva con il taglio di fondi Pnrr e la cancellazione di progetti, che colpiscono soprattutto le autonomie locali. Hanno ragione Manfredi e tanti altri sindaci a protestare, essendo a rischio iniziative già avviate che avevano destato aspettative e speranze. Non basta la rassicurazione che altri fondi verranno. Uscendo dalla copertura Pnrr aumenta di molto l'incertezza. Ci saranno le risorse? Saranno mantenute per il tempo necessario? La maggioranza del momento sarà disponibile a spenderle in quel particolare modo? Chissà. Per non parlare del gioco delle tre carte che si intravede. Si perdono fondi aggiuntivi Pnrr, si sostituiscono con fondi per altro verso già del Sud. Citando Totò, la somma fa il totale e la fregatura è evidente. Nell'agenda della destra al governo una politica per il Mezzogiorno proprio non c'è. L'abbiamo visto nell'avvio del Pnrr, dove l'idea di rilanciare il Sud come secondo motore del paese non prende corpo. L'abbiamo visto in alcune scelte emblematiche, come i tagli alla sanità e alla scuola. E lo vediamo in quel che accade con l'Autonomia differenziata. Se c'è una politica, è contro il Mezzogiorno e i venti milioni di donne e uomini che qui vivono. Abbiamo assistito a un curioso balletto in Senato, quando su una mozione dell'opposizione sull'Autonomia (l-00066) a firma De Cristofaro, Majorino, Giorgis e altri si è affiancato un ordine del giorno della maggioranza, in cui si sono manifestate con assoluta chiarezza le contorsioni sul collegamento tra presidenzialismo/premierato e Autonomia differenziata. Lo sanno anche le pietre, ormai, che la Lega con Calderoli vuole accelerare al massimo per portare qualche risultato nel mercatino delle prossime elezioni europee, mentre per opposte ragioni Fratelli d'Italia mette il piede sul freno. Al momento, vince la Lega. E non è nell'interesse del paese, del Mezzogiorno e del popolo italiano. Quello vero, non quello inventato per qualche regione. La prova la vediamo in quello che la maggioranza, che ha imposto una votazione per parti separate della mozione, ha voluto o non ha voluto approvare. Ha approvato le parti volte a garantire che il parlamento abbia un ruolo più significativo di quello - ridicolmente inutile - adesso riservato nell'AS 615 in discussione presso la I Commissione Senato. E fin qui va anche bene. Ma cosa la maggioranza ha rifiutato di approvare? Non approva che siano definiti compiutamente i livelli essenziali delle prestazioni (Lep) prima di effettuare i trasferimenti di competenze alle regioni; che si modifichi il Titolo V spostando materie strategiche per l'eguaglianza e l'unità del paese nella competenza esclusiva dello Stato, ponendo così un argine alla bulimia competenziale dei governatori; che si proceda nel superare i divari territoriali; che sia istituito un fondo di perequazione; che siano acquisiti i documenti elaborati dal Clep (Comitato per i livelli essenziali) presieduto da Cassese, che vuole ridurre l'area coperta da Lep. Calderoli, regista del voto, si dice disponibile a modifiche condivise dell'AS 615. Ma in realtà vuole solo evitare ritardi e ostacoli al progetto leghista, e lo dice in chiaro proprio per i Lep. Il suo obiettivo è arrivare al più presto per alcune regioni - con cui forse è già in trattativa - a massicci trasferimenti di funzioni e corrispondenti risorse. Il resto non gli interessa. Chi nel Sud si mette nella sua scia ci pensi bene. La favoletta che l'Autonomia differenziata conviene anche al Sud non durerà. In politica, come al mercato, si può anche riuscire a vendere un prodotto avariato. Ma non a lungo, non a tutti.
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