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Centomila firme per fermare l'Autonomia
di Massimo Villone da la Repubblica Napoli del 19/5/2023
Non è da poco la questione sorta sul dossier dell'Ufficio bilancio del Senato sull'Autonomia differenziata. Gli uffici parlamentari sono mediamente popolati di persone assai competenti e soprattutto prudenti, perché sanno di dover passare attraverso stagioni politiche diverse. Non è mai accaduto che un dossier fosse erroneamente reso pubblico. E, con molti altri, credo che non sia accaduto nemmeno questa volta. Ce lo dice il presidente La Russa. Sa bene di essere sospettato come autore di indebite ingerenze sull'ufficio, e smentisce, affermando di aver consigliato che tornasse online dopo il tentativo - davvero maldestro - di ritirarlo. Qualunque frequentatore di internet sa bene che bastano pochi minuti in rete perché un documento sia consegnato all'eternità. Il dossier è rimasto online quattro giorni. Era del tutto inutile farlo scomparire. La Russa ci dice che non erano state fatte le usuali verifiche,e che pertanto il documento non era pronto per la pubblicazione. Ma il dossier riporta posizioni negative sull'Autonomia differenziata espresse da un largo schieramento di esperti, studiosi, enti di ricerca come Svimez, associazioni, sindacati, e da sedi istituzionali al di sopra di ogni sospetto come l'Ufficio parlamentare di bilancio, il Dipartimento giuridico di Palazzo Chigi, Bankitalia, la Corte dei conti. Centinaia di sindaci hanno alzato la voce. Se le usuali verifiche avessero omesso di riportare una così ampia realtà, il documento sarebbe stato menzognero e fuorviante. Preferiamo pensare che le usuali verifiche ci siano state, e abbiano dato una valutazione di piena aderenza allo scenario da rappresentare. Da quando questo giornale ha acceso un faro sulla vicenda del dossier comparso, scomparso e ricomparso un paese fin qui ignaro e inconsapevole sembra improvvisamente essersi risvegliato. Ma fin qui la stampa - con poche lodevoli eccezioni tra cui questo giornale - e la televisione non si erano mai occupate del tema. Un parlamento sonnacchioso non aveva mai davvero cercato di arrivare a un dibattito. Si segnalavano soltanto alcuni question time, tra cui ricordiamo Epifani, Conte, Fassina. La destra era frenata dalla bulimia leghista, e la sinistra era in buona parte narcotizzata da Bonaccini a braccetto con Zaia e Fontana. L'accelerazione imposta da Calderoli ha rotto gli equilibri e aperto finalmente la via a un confronto reale. Il ministro sospetta una manina dietro il dossier. Non di manina si tratta, ma di bocca della verità. Non c'è alcun modo serio di argomentare che l'Autonomia differenziata convenga a tutti in egual modo. In un paese profondamente diviso la competizione territoriale – inevitabile con l'Autonomia differenziata – significa che i forti si rafforzano e i deboli si indeboliscono ulteriormente. Che questo accada con la connivenza di ceti politici regionali che ne traggono vantaggio a spese dei propri rappresentati non sana gli squilibri, ma aggiunge solo elementi di indecenza politica. Calderoli minaccia di lasciare la politica. Zaia minaccia la crisi di governo. Dubitiamo assai che ne abbiano vera intenzione. Bisogna ora puntare a emendare il ddl Calderoli (AS 615) per riportare le decisioni di merito sulle intese con le regioni e sui livelli essenziali delle prestazioni (Lep) nelle aule parlamentari. E porre la questione di una riscrittura del quadro normativo costituzionale dell'Autonomia, che l'eguaglianza dei diritti anche senza Autonomia differenziata. Sarà utile per questo fine il ddl costituzionale di iniziativa popolare volto alla modifica degli artt. 116.3e 117, promosso e sostenuto dal Coordinamento per la democrazia costituzionale, per cui ho chiesto la firma da queste pagine. Abbiamo raccolto quasi 100000 firme, di cui più di 50000 con il metodo dei banchetti. La Campania e la provincia di Napoli hanno il primato assoluto in Italia delle firme raccolte. Grazie a tutte e tutti. Un'ultima considerazione. La Russa ci dice che la destra farà ogni sforzo per evitare il referendum sulla riforma. È un segnale grave. Una maggioranza votata da circa un quarto degli italiani, gonfiata dal sistema elettorale a quasi il 60% dei seggi nel parlamento meno rappresentativo della storia della Repubblica, auspica un mercato delle vacche per qualche voto fuori della maggioranza che consenta di giungere ai due terzi dei componenti e precluda ai sensi dell'art.138 il voto popolare su una riforma che dichiaratamente stravolge la Costituzione. Un pensiero patriottico e democratico da parte della seconda carica dello Stato.
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