HOME
|
ARTICOLI
|
DOCUMENTI
|
FORUM
|
COMITATI TERRITORIALI
|
INIZIATIVE
|
RACCOLTA FIRME
Autonomia, fermate Calderoli
di Massimo Villone da la Repubblica Napoli del 5/3/2023
Dopo il preliminare via libera ottenuto in Consiglio dei ministri sul suo ddl Calderoli è andato al confronto con le Regioni e gli enti locali. Le reazioni sono state diverse. La conferenza Stato-Regioni ha approvato con quattro voti contrari (Emilia-Romagna, Toscana, Campania e Puglia). L'Anci ha presentato un ampio documento di critica puntuale. È evidente nelle dichiarazioni dei governatori di destra del Sud l'imbarazzo per un allineamento acritico con gli equilibri politici nazionali. Per il presidente della Calabria Occhiuto il sì non è una cambiale in bianco, e "soltanto quando si definirà il costo dei Lep, superando la spesa storica e quantificando le risorse occorrenti per garantire gli stessi diritti a tutti si potrà dire se questo percorso può andare avanti o deve fermarsi, e si potrà dunque dare un giudizio conclusivo sulla proposta di riforma". In Calabria è rivolta, le opposizioni lo accusano di aver svenduto la Regione e chiedono una discussione in consiglio. Occhiuto si difende affermando che c'è l'occasione di superare la spesa storica. Peccato per lui che la riforma avanzi mentre nessuna delle condizioni lui ipotizzate è realizzata, e nemmeno si ha alcuna idea del se, quando, quanto e come si realizzerà. Il disegno di Calderoli è appunto che gli staterelli semi-indipendenti vedano la luce prima che quelle condizioni si avverino. L'Anci invece avanza una critica senza se e senza ma del ddl, articolo per articolo e con emendamenti. Una posizione apprezzabile, assunta all'unanimità senza distinzioni per appartenenza politica. Il che può sembrare ovvio laddove il documento richiama la Costituzione, o vuole acquisire una partecipazione significativa al processo di riforma. Ma è invece assai meno ovvio laddove si critica l'impianto del ddl Calderoli. Ad esempio, segnalando il rischio di moltiplicare gli apparati burocratici, di aumentare i costi, di ridurre l'efficienza di sistema. Il contrario della modernizzazione trionfalmente annunciata da Zaia. Il documento Anci non è solo scontata autodifesa contro un temuto neo-centralismo regionale. La critica a una riforma che concentra sulle regioni amministrazione e gestione esprime un concetto di come governare il paese. Ed è l'esatto contrario di quel che ha in mente Calderoli, che ha fatto uscire dal suo ministero un elenco di oltre 500 funzioni amministrative riferibili alle possibili materie di Autonomia differenziata, allineate in 23 schede per materia, ministero, autorità, ente pubblico. Traspare un suicidio assistito dello Stato italiano. Questo sarebbe l'esito, se tutte le funzioni del dossier Calderoli fossero richieste da tutte le Regioni, e tutte fossero trasferite. O si trasferissero anche solo quelle essenziali in materie strategiche, come l'istruzione, la sanità, il lavoro, l'energia, i trasporti, l'ambiente e altro ancora. È cruciale sapere quali funzioni si ritiene siano trasferibili e quali no. Ma Calderoli tace. Ed è grave, per un ministro che assegna a se stesso il ruolo di dominus nella trattativa tra governo e Regione ai fini della maggiore autonomia. Soprattutto se è in campo chi come Zaia avanza pretese su tutte le 23 materie astrattamente riferibili all'art.116.3. Bisogna fare il possibile per fermare Calderoli, se vogliamo conservare un paese non diciamo uguale, ma almeno simile a quello che abbiamo conosciuto, e difendere eguaglianza nei diritti e coesione sociale e territoriale. Calderoli è al servizio di una Lega che torna ad essere sindacato del Nord, ritrova le antiche pulsioni separatiste, è ostile all'eguaglianza e alla coesione. Fa senso che più di lui veda il rischio del neo-separatismo e della balcanizzazione del paese un presidente di Confindustria come Bonomi. Ci sono due linee in campo per contrastare il turbo-ministro. Una vorrebbe il ritiro del ddl. Ma qui bisogna fare i conti con la realtà. Se Giorgia Meloni avesse la forza di imporre a Calderoli il ritiro, avrebbe già usato quella forza per impedirgli di arrivare in Consiglio dei ministri per l'approvazione preliminare. Dunque, una forza che non aveva, e non ha. Una diversa linea vuole invece costringere la destra a un confronto nelle aule parlamentari, in cui ogni forza politica sia chiamata a parlare al paese assumendo piena responsabilità per le proprie scelte. E questo l'obiettivo della proposta di legge costituzionale di iniziativa popolare volta a modificare gli artt.116.3 e 117, per impedire letture in danno dell'eguaglianza e dell'unità del paese. Si firma anche online con lo Spid su www.coordinamentodemocraziacostituzionale.it.
newsletter