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Autonomia, la dura battaglia del Sud
di Massimo Villone da la Repubblica Napoli del 5/2/2023
L'Autonomia differenziata ha fatto il primo passo, nel tripudio di un applauso unanime – a quanto si legge – del consiglio dei ministri. Forse, una maggiore compostezza sarebbe stata opportuna, visto che nel merito si è trattato soprattutto di uno spot elettorale del Carroccio per il voto lombardo. Ho già scritto su queste pagine sui limiti e sui profili di incostituzionalità e di inopportunità politica del modello Calderoli sia per l'Autonomia che per i livelli essenziali di prestazione (Lep), e non mi ripeterò. È invece utile riflettere sulle prospettive. L'esultanza della Lega, tornata alla originaria ispirazione bossiana di sindacato del Nord, si comprende. Meno, invece, si capisce la soddisfazione di Giorgia Meloni per avere intrapreso una strada che sicuramente si allontana dalla storia politica sua e del suo partito. È agli atti un disegno di legge a sua firma (AC 1953, XVII leg.) nel quale proponeva, tra l'altro, la soppressione del famigerato articolo 116.3, la cui attuazione oggi festeggia. Certo, Palazzo Chigi val bene una abiura. E immaginiamo il timore di Meloni che oggi FdI possa trovarsi in una bolla di consensi come quelle che negli ultimi anni si sono gonfiate e poi afflosciate per la Lega e M5S. Soprattutto nel voto lombardo c'è una competizione fra alleati in cui da un lato la Lega vuole assolutamente risalire nei voti, e dall'altro Meloni vuole confermare l'esito elettorale del 25 settembre mettendo nell'angolo i leghisti in una loro roccaforte. Ma certo non può dirlo, né può fare nulla che la faccia accusare di avere ordito una trama al fine di togliere agli alleati-competitori un argomento di campagna elettorale come l'Autonomia differenziata. Capiremo meglio, dopo il voto regionale, se sul tema la maggioranza di destra rimarrà coesa. Ma va intanto consolidato il ruolo delle opposizioni, cui spetta contrastare senza se e senza ma il disegno leghista. Il punto è che una parte del paese - quella dominante in politica ed economia - da tempo non assume più come priorità la riduzione dei divari territoriali e delle diseguaglianze. Questo è testimoniato dalla scomparsa dall'agenda politica del paese della questione meridionale, sostituita da una questione settentrionale già nel corso degli anni '90 del secolo scorso. È la tesi della "locomotiva del Nord". Ed è davvero intollerabile leggere tra i commenti trionfalistici di queste ore il trito e indimostrato argomento che l'Autonomia conviene anche al Sud. Potrebbe convenire, se i divari non esistessero già, in misura talvolta devastante. E' vuoto di significato il corollario esplicito o implicito che se poi gli amministratori meridionali non sono capaci di gestire, il Sud non può mettersi di traverso e frenare il Virtuoso Nord nella sua corsa. Nessuno difende familismo, clientelismo, malaffare. Ma bisogna dire una volta per tutte che i raffronti tra Nord e Sud sono leciti solo a parità di risorse disponibili. Nando Morra su queste pagine chiama il Sud a scendere compatto in campo. È giusto, ma dobbiamo essere consapevoli che lo scenario non è facile da realizzare. I partiti di oggi sono in prevalenza assemblaggi di potentati locali, e il ceto politico regionale e locale è - che lo dica o meno - interessato alla balcanizzazione dell'apparato statale, da cui comunque finirebbe con il guadagnare qualche scampolo di potere. Che poi questo impedisca politiche nazionali indispensabili, ad esempio su scuola, sanità, lavoro, energia, porti, ferrovie, infrastrutture strategiche, interessa meno. Anzi, dalla concessione di maggiore autonomia a una regione su una determinata materia alla frantumazione dello Stato il passo è breve. L'effetto domino è sicuro. Così, se in assurda ipotesi Giani per la Toscana chiedesse competenza sugli Uffizi, e il Lazio sul Colosseo, possiamo essere certi che De Luca la chiederebbe su Pompei. Certo fa impressione sentire Bonomi presidente di Confindustria attaccare l'Autonomia differenziata più a fondo del Pd (con qualche eccezione). E forse non è casuale che per quel partito le notizie sul tesseramento precongressuale nel Sud siano negative. Ma nelle opposizioni qualcosa si muove. Molte voci si sono alzate su queste pagine. I sindaci protestano. I sindacati della scuola sono in campo, fortemente motivati. La raccolta delle firme sulla proposta di legge costituzionale di iniziativa popolare per la modifica degli articoli 116.3 e 117 procede. Uno schieramento comincia a formarsi. Bisogna lavorare perché giunga a parlare il medesimo linguaggio. Sarà una battaglia di lunga lena.
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