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Autonomia, i luoghi comuni di Castiello
di Massimo Villone da la Repubblica Napoli del 14/11/2022
In una lettera a questo giornale la sottosegretaria leghista alla presidenza del Consiglio Pina Castiello riduce a inutili allarmismi le iniziative assunte contro l'Autonomia differenziata. Che "è un male solo per le Regioni inefficienti", comportando invece "solo una maggiore responsabilità ed efficienza nella spesa". Sono i più logori luoghi comuni. Senza mai voler fare sconti al ceto politico e amministrativo del Sud, che ha non poche colpe anche gravi, dibattiti, studi e analisi sul tema sono andati molto più avanti. La sottosegretaria dovrebbe ben saperlo, perché è una parlamentare di lungo corso. O meglio percorso, essendo partita da Alleanza Nazionale per poi passare a Forza Italia e infine alla Lega. Con questa ultima casacca è giunta nel governo gialloverde alla poltrona di sottosegretaria nel ministero per il Sud retto da Barbara Lezzi. Ma proprio la ministra Lezzi le portò un duro attacco, nel crepuscolo di quel governo, censurandola per lo scarso impegno, e ancor più per il suo disinteresse, o meglio contro-interesse, verso il Mezzogiorno (ne dà notizia la stampa del 18 agosto 2019). Potremmo dire che la sottosegretaria è recidiva. E che, essendo di Afragola e quindi meridionale Doc, prova quanto siano valide e fondate le considerazioni che Aurelio Musi svolge su queste pagine sulla fragilità delle classi dirigenti meridionali. Dopo la grande crisi dei primi anni '90 l'asse politico e istituzionale del paese si è spostato verso il Nord, mentre il Sud non ha generato una dirigenza in grado di succedere a quella investita dal terremoto di Tangentopoli. Non è un caso - come sottolinea Musi - che la segreteria Pd si giochi tutta tra Firenze e Bologna. È l'ultimo suggello su un partito che ha già perso in larga misura la connotazione nazionale. Né stupisce la sottosegretaria meridionale Doc. Esprime una classe dirigente che accede alla stanza dei bottoni solo se assume i canoni della parte dominante del Paese, e si accosta a quei bottoni secondo le istruzioni ricevute. E dunque per il Sud, nell'ipotesi migliore, turismo e cultura. Ma non hub energetico del paese con l'eolico offshore, il fotovoltaico e l'agrivoltaico, nonostante le condizioni favorevoli. Nessun secondo motore dell'Italia, perché questo turberebbe la strategia del Centro-Nord di continuare ad essere il retrobottega delle economie forti dell'Europa, e in particolare della Germania, come accade per l'automotive dell'Emilia-Romagna. E nessuna vera strategia sui porti del Sud, che pure è alla distanza di un palmo dalle coste dell'Africa e in particolare dal canale di Suez, e potrebbe essere assai competitivo sui costi. Ma i porti di Genova e di Trieste? Il Sud è terra di grandi potenzialità. Ma viene ridotto a livelli essenziali di prestazioni (Lep), fondi di perequazione, e magari ponte sullo Stretto. È come dire che una volta garantita una minima decenza sui diritti e le condizioni di vita e ottenuto il ponte, il Sud non ha più nulla a pretendere. Una classe dirigente meridionale di bassa qualità può benissimo adattarsi a questo, e fare finta di avere vinto la partita. In fondo, non è quello che la gente vuole? La buona borghesia meridionale non preferisce forse mandare i figli alla Luiss e alla Bocconi, piuttosto che aprire un difficile fronte perché gli atenei meridionali abbiano risorse adeguate per essere competitivi nel mercato delle eccellenze? Il disegno dell'Autonomia differenziata è congelare e consolidare tutto questo con il minimo di cambiamenti indispensabile, se non altro per fingere di seguire l'obiettivo UE di solidarietà e coesione territoriale. La partita va molto al di là di quel che pensa la sottosegretaria Castiello. E la nuova questione meridionale di cui giustamente parla Gennaro Matino su queste pagine passa attraverso la sconfitta di quel disegno. A questo puntiamo anche con una legge costituzionale di iniziativa popolare per cui abbiamo avviato la raccolta delle 50000 firme necessarie per la presentazione in Parlamento. È volta a una riforma mirata delle norme costituzionali sull'Autonomia. Ma la classe dirigente meridionale deve scendere in campo ora con la parola d'ordine che il rilancio del Sud è interesse di tutto il Paese. Cosa fa la sinistra? È giusto che si infiammi per la pace, e per i 90000 che sono venuti dall'Africa e sbarcati sulle nostre coste. La decenza umana lo impone. Ma perché non si infiamma anche per gli oltre venti milioni di donne e di uomini che si trovano e rischiano di rimanere in una condizione di minorità? La nostra Africa l'abbiamo in casa, e si chiama Mezzogiorno.
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