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Caro Fassino, sul regionalismo sbagli
di Massimo Villone da la Repubblica Napoli del 2/11/2022
Dopo l'intervista di Adriano Giannola - pienamente condivisibile - di forte critica all'autonomia differenziata delle Regioni, Piero Fassino dice la sua. Ma non risponde affatto, pur richiamando la storia, il procedimento disegnato in Costituzione dall'art. 116.3, i livelli essenziali delle prestazioni (Lep). Sulla storia. L'autonomia da sempre battaglia della sinistra? No. In Costituente diffidava del regionalismo. Riteneva cruciale per l'unità del paese combattere il divario Nord-Sud. Invece nel 2001 alla riforma del Titolo V, che tra l'altro cancellò dalla Costituzione il richiamo al Mezzogiorno, si arrivò perché il gruppo dirigente del centrosinistra pensava di arginare così la Lega, che puntava nel Nord al ruolo di forza egemone. Un errore strategico. Sul procedimento. Fassino non considera i punti deboli dell'art. 116.3. Il primo. L'approvazione con legge delle intese raggiunte con singole regioni non esclude che le dinamiche interne di una coalizione di governo portino a soluzioni squilibrate per gli interessi territoriali coinvolti. E che poi il governo comunque vincoli la sua maggioranza ad approvare con legge. Poteva accadere nella precedente legislatura, potrebbe accadere oggi. Zaia ricatta Salvini, che ricatta Meloni, che affida a Calderoli il ruolo di chef. Il piatto da servire è l'autonomia differenziata in salsa lombardo-veneta-emiliana. Il secondo punto debole è la tendenziale irreversibilità dell'autonomia una volta conseguita. Una regione, ottenuto un indebito vantaggio in una prima intesa approvata, lo può mantenere semplicemente negando la nuova intesa comunque richiesta anche per una modifica. Governi e maggioranze possono cambiare, ma non si perdono per questo i vantaggi (anche indebitamente) acquisiti. Il terzo punto. Un referendum abrogativo sarebbe inammissibile, per la giurisprudenza della Corte costituzionale sulle leggi con un procedimento di formazione speciale, come è nella specie. Quindi nemmeno all'intero popolo italiano sarebbe consentito cancellare con referendum il vantaggio concesso a una o più regioni. Sui Lep. Bastano a garantire un equilibrio Nord-Sud? No. Anzitutto, livelli "essenziali" non equivale a livelli "uniformi", come ritiene Fassino. "Uniformi" indicherebbe un servizio qualitativamente e quantitativamente eguale prestato a tutti, in ogni territorio. Il termine "essenziali" disegna invece uno spartiacque traeguaglianza prescritta per una parte del servizio, e diversità consentita per la restante parte. Diversità che può essere per territorio, e uno spartiacque che può cambiare, in ragione delle maggioranze e delle disponibilità di bilancio. Inoltre, qual è l'ambito coperto dai Lep? Ad esempio, coprirebbero nella scuola ogni aspetto del servizio, dal tempo pieno, ai laboratori, alle palestre? O solo alcuni aspetti e non altri? Infine, i Lep non fermano l'avanzata delle repubblichette semi-indipendenti. Non escluderebbero, ad esempio, una regionalizzazione dei programmi di insegnamento e del personale docente e non docente che cancellerebbe la funzione identitaria della scuola nazionale. E che dire poi della regionalizzazione di porti, aeroporti, autostrade, ferrovie, reti di comunicazione e trasporto, di produzione e trasporto di energia, del lavoro, dell'ambiente e di altro ancora? Non fanno argine la inutile legge quadro proposta da Boccia e ripresa da Gelmini, o la conferenza Stato-Regioni in cui il blocco degli interessi regionali più forti relega il Mezzogiorno alla marginalità. La conferenza ha contribuito a dissolvere il servizio sanitario nazionale. Nonostante i Lea (livelli essenziali di assistenza) persino l'aspettativa di vita è diversa. Al Sud si muore prima. Il Pd, per il problema Bonaccini, ha a lungo finto di non vedere che l'argomento di un eguale interesse del Nord e del Sud per l'autonomia differenziata è una presa in giro. Non basterà Calderoli a vendere questo "pacco" al Sud. Fatta ogni possibile tara per le colpe della classe dirigente meridionale, qui si giocano il futuro del Pd come partito nazionale, e il futuro personale e politico degli eletti e dei governanti nel Mezzogiorno. Qualche voce si è alzata nella direzione Pd, e alcuni parlamentari hanno fatto sapere che la firma all'interpellanza da me richiamata su queste pagine è stata apposta a loro insaputa, di ufficio e per regola del gruppo parlamentare. Il vice-segretario Provenzano ha avuto parole nette in discussione generale alla Camera per la fiducia al governo il 25 ottobre. Vedremo cosa riusciranno a fare, soprattutto nel caso di Bonaccini segretario. Intanto, ne approfitti Fassino per studiare. Siamo ragionevolmente certi che anche i piemontesi - volendo - possono imparare.
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