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Autonomia, ora serve l'alleanza del Sud
di Massimo Villone da la Repubblica Napoli del 26/10/2022
Con il voto sulla fiducia la nave del governo salpa. Meloni ha cercato di rassicurare, per una parte, sulla alleanza atlantica, sull'Europa, sull'Ucraina. Poi ha fatto una lista omnicomprensiva delle questioni aperte, tra le quali quelle care agli alleati nel governo, dalla flat tax alle pensioni, all'autonomia regionale differenziata, ai migranti. Nessun cenno alle turbolenze già evidenziate, in specie dal protagonismo di Salvini. Un elenco di tutto quel che la destra ritiene si debba fare, senza indicazione del come, quando e con quali risorse si possa fare. In specie, Meloni ha ribadito la connessione tra riforma in chiave presidenzialista e autonomia differenziata. Sul primo punto il topos è quello solito: chi vince governa per cinque anni, e poi i cittadini valutano nelle urne. Che poi funzioni o no davvero così non conta. Ugualmente generico il secondo punto: "Intendiamo dare seguito al processo virtuoso di autonomia differenziata già avviato da diverse Regioni italiane secondo il dettato costituzionale in attuazione dei principi di sussidiarietà e solidarietà in un quadro di coesione nazionale". Tutto e niente. Meloni ci dice solo che l'autonomia differenziata rimane una priorità. Forse era prevedibile, considerando che l'esecutivo è pesantemente sbilanciato a favore del Nord. Né Meloni poteva dimenticare il boom di voti di FdI nel Nord e nello stesso Veneto, e il malessere malamente occultato che corre nell'alleato leghista. La pressione è su Salvini, e non solo. Il presidente Zaia è da tempo all'attacco. Quale sia il suo atteggiamento lo dice il Corriere del Veneto (25 ottobre) quando ci informa che "procede il cannoneggiamento zaiano". Lo stesso presidente ci comunica di avere preso contatto con il neo-ministro Calderoli, che è già al lavoro. Dopo l'avallo nel discorso programmatico di Meloni possiamo essere ragionevolmente certi che l'autonomia differenziata riparta . Come risponde il Sud, che non ci risulta sia stato in alcun modo coinvolto in questo nuovo avvio dell'autonomia differenziata? È sempre più urgente una iniziativa il più possibile ampia e unitaria delle istituzioni e della politica meridionali, volta almeno a chiedere che l 'autonomia differenziata sia messa in standby fino a quando non si ottengano in un dibattito di aula chiare risposte ad alcune domande pregiudiziali. La prima. Una parola definitiva sui costi e la effettiva convenienza dell'autonomia differenziata, che escluda la possibilità di una moltiplicazione - inevitabilmente costosa - di apparati burocratici. La seconda. Una parola definitiva sui costi standard e il superamento della spesa storica, e sulla disponibilità di risorse per rendere tale operazione possibile. La terza . Una parola definitiva sul concetto di livelli essenziali delle prestazioni (Lep). Sono da intendere come livelli uguali per tutti, al di sopra dei quali non vi è carico sulla fiscalità generale, o invece come livelli di eguaglianza relativa, con carico maggiore sulla fiscalità generale per chi ha di più? La quarta. Ci sono materie non regionalizzabili - ad esempio la scuola o le infrastrutture strategiche - ai sensi dell'art.116.3? La quinta. Sarà assicurato il pieno coinvolgimento delle assemblee elettive anche nel merito delle intese? La sesta. Come si rapporta il rilancio del Sud all'attuazione del Pnrr? Che l'autonomia in salsa leghista sia o meno accettabile dipende in larga misura dalle risposte. Nel fragore mediatico di fine legislatura è passata inosservata l'approvazione di una legge costituzionale di iniziativa popolare - 200000 firme in Sicilia e Sardegna - che aggiunge all'art.119 un comma: "La Repubblica riconosce le peculiarità delle Isole e promuove le misure necessarie a rimuovere gli svantaggi derivanti dall'insularità". In seconda votazione è mancata per pochi voti la maggioranza di due terzi (favorevoli 207 Senato, 4 12 Camera). Pubblicata in G.U. il 29 luglio, scadono ora i tre mesi per l'eventuale richiesta di referendum ex art.138. Per quanto sappiamo, non ci sarà. La presidente Meloni ha richiamato la sua storia personale, definendosi - per dirla con gli inglesi - un "underdog". La riforma del Titolo V del 2001, figlia di un decennio avvelenato dalla Lega secessionista, cancellò il richiamo a "valorizzare il Mezzogiorno e le Isole" del testo originario del 1948. È così che nel Mezzogiorno siamo diventati - nostro malgrado - tutti "underdog". La modifica dell'art . 119 vuole riparare oggi il danno, in parte. Per gli svantaggi derivanti agli underdog del Mezzogiorno si vorrebbe provvedere con l'autonomia differenziata? No, grazie.
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