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Separatismo, allarme rosso: il Sud si unisca
di Massimo Villone da la Repubblica Napoli del 19/10/2022
È in pieno svolgimento, dopo la scontata pacificazione nella destra e il riconoscimento della sconfitta da parte di Berlusconi, la partita che più conta: il totoministri. Quella sui presidenti delle camere ha pesato e pesa prevalentemente per l’impatto sull’immagine dell’istituzione parlamento. Le cariche parlamentari minori sono importanti essenzialmente per le forze politiche. Le scelte sui ministri, invece, toccano in modo diretto e immediato la carne viva del paese. Seguiamo dunque le notizie sui nomi, che vanno consolidandosi. L’altissimo profilo tante volte annunciato è svanito. Ma per il Sud rileva l’indicazione che un ministro si occuperà delle riforme (presidenzialismo incluso), e un altro delle autonomie. Questo anzitutto ribadisce che per l’esecutivo l’autonomia è una priorità. Inoltre, si scioglie il binomio presidenzialismo-autonomia differenziata delineato nell’accordo per il governo della destra. In prospettiva, può divaricarsi la tempistica dell’attuazione, e indebolirsi la condizionalità tra i due temi. Va considerato che l’autonomia differenziata ex art. 116.3 Cost., da fare con legge ordinaria, richiede potenzialmente tempi più brevi del passaggio al presidenzialismo, complesso in qualunque declinazione. Viene meno la prospettiva, già fragile nella sua assoluta banalità, di un paese che si frammenta da un lato con l’autonomia, ma si unifica dall’altro con l’elezione diretta di chi ha poteri di governo. Che era essenziale nel progetto istituzionale della destra, come delineato nell’accordo pre-elettorale. Alla notizia della separazione tra i due ministeri si aggiunge che appare a oggi in pole position per le autonomie Calderoli. Persona capace, parlamentare di lungo corso, e leghista della prima ora, ha vissuto il tempo della prima Lega secessionista, e vive ora il neo-separatismo nato intorno al voto del 25 settembre cui da ministro sarebbe certamente in grado di dare seguito. Diventa realistico uno scenario in cui i ristretti margini di azione di fatto consentiti sul piano economico e su quello dei rapporti internazionali lasciano il terreno delle riforme – e in primis l’autonomia – come l’unico concretamente aperto ai segnali di esistenza in vita di un governo per altri versi comatoso. Ne segue che è urgente avviare il coordinamento del Mezzogiorno, di cui abbiamo letto su queste pagine,proposto in occasione del convegno dei giovani industriali a Capri. Non importa se per alcuni può essere una carta da giocare in un congresso di partito. La questione ha ben altra portata. Si richiede una partenza immediata, nella forma la più larga possibile, perché il Sud sia compatto nel chiedere che l’autonomia differenziata sia messa in standby, al fine di correggere preliminarmente le più evidenti storture fin qui verificatesi. Vanno perseguiti almeno tre obiettivi principali. Il primo. Non sia attuato l’art. 116.3 Cost. prima di, e senza, un confronto con tutte le regioni. L’autonomia differenziata sin dai pre-accordi del marzo 2018 ha puntato a intese con sole tre regioni – Lombardia, Veneto, Emilia-Romagna – prioritariamente rispetto a tutte le altre. Il che ha reso e rende impossibile una valutazione equilibrata e per tutti condivisibile degli interessi territoriali coinvolti. Il secondo. Si escluda un’attuazione dell’art. 116.3 a trattativa privata tra il ministro e singole regioni. La formazione delle intese deve essere visibile in ogni fase, e il parlamento deve poter essere attore primario nella approvazione con legge delle intese, escludendosi in assoluto che il ruolo delle assemblee elettive sia ridotto alla mera ratifica di testi concordati tra Palazzo Chigi e la regione. In tal modo, se un ministro si mostrasse troppo sensibile al separatismo soft sarebbe possibile ai parlamentari del Sud contrastarlo. Il terzo. Il Mezzogiorno non sia protetto solo in termini di perequazione e di livelli essenziali delle prestazioni (Lep). Devono anche rimanere possibili in settori strategici politiche nazionali incisive necessarie a rendere il Sud la seconda locomotiva del paese in uno scenario euro-mediterraneo. In una Italia di repubblichette molte porte rimarrebbero chiuse, mentre Il futuro del Sud non può essere solo solidarietà. Né va dimenticato un attento monitoraggio dell’interazione tra autonomia differenziata e Pnrr. Nella partita dell’autonomia il Sud rischia. Se si trovasse domani nella tenaglia di una maggioranza ricattata dalla Lega, e del maggiore partito di opposizione con segretario Bonaccini sodale di Zaia e Fontana, l’allarme rosso per tempesta sarebbe inevitabile.
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