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Autonomia, il Sud sfida la maggioranza
di Massimo Villone da la Repubblica Napoli del 16/10/2022
La legislatura nel segno dell’ultradestra sarà pure una prima assoluta, ma si avvia in piena osservanza della tradizione cencelliana. Lo abbiamo visto nell’elezione dei presidenti delle Camere, lo vedremo ancora nella formazione del governo. Dal totopresidente sono usciti i nomi di La Russa al Senato, e di Fontana alla Camera. Uno scambio al ribasso, perché anche nella destra erano certamente possibili candidature di maggiore cifra politica e personale. Liliana Segre ci ha fatto sognare l’Italia che vorremmo. La Russa e Fontana ci mostrano quella che abbiamo e che non vorremmo. Nei discorsi di investitura dei due neoeletti troviamo molte ovvietà, sulle emergenze che il paese affronta, sul ruolo del parlamento e quello del governo, sul rapporto tra la maggioranza e l’opposizione, sull’impegno a essere presidenti di tutti. Temi sui quali qualunque presidente direbbe più o meno le stesse cose. Ma c’è anche altro. Si segnala in modo particolare il discorso di Fontana. Qualche punto suscita una perplessa ilarità, come il saluto deferente a Papa Francesco. Atto dovuto, certo. Ma possiamo mai ignorare che rispetto a Fontana – integralista quant’altri mai - il Papa è un pericoloso sovversivo? Questo ci dice qualcosa della persona. Più significativo, politicamente, è il passaggio che il neopresidente dedica all’Autonomia. Il linguaggio è quello tipico del leghismo in salsa lombardo-veneta. La diversità (territoriale) è una ricchezza da valorizzare. L’Autonomia va perseguita nelle forme previste e auspicate dalla Costituzione (il riferimento all’Autonomia differenziata ex art. 116.3 è fin troppo chiaro). L’omologazione delle diversità (cioè il prevalere di un potere centrale su quello locale) è totalitarismo. Sembrano citazioni puntuali del suo presidente regionale Zaia. Ed è appena il caso di ricordare che altre diversità, pur protette in Costituzione, sono per Fontana – omofobo – un disvalore. Il passaggio sull’Autonomia è una seria sgrammaticatura nel discorso del neopresidente. È usuale in anni recenti che i discorsi di investitura richiamino in via di principio il diritto di governare della maggioranza, e nell’accordo di governo l’Autonomia c’è. Ma è altra cosa sponsorizzare un punto specifico di indirizzo di governo, tra l’altro ancora da definirenei contenuti, tempi e modi con la presentazione alle Camere e il discorso programmatico per la fiducia del presidente del Consiglio. Sull’Autonomia Fontana è andato al di là dei limiti che il suo ruolo gli poneva. Ha sbagliato meno La Russa, che pure ha richiamato le riforme, ma in termini più generali. Solo sulla seconda parte della Costituzione, per assemblea costituente o commissione bicamerale, con volontà politica di riformare. Non ha assunto come punto focale l’Autonomia, ma nemmeno l’ha negata in alcun modo. Il combinato disposto dei due discorsi di investitura ci suggerisce un contesto in cui per la maggioranza l’Autonomia differenziata rimane tra gli obiettivi prioritari. E una ulteriore conferma si trae dalla indicazione per il ministero delle Autonomie di nomi leghisti, prima della Stefani, da ultimo Calderoli. Soprattutto la prima sarebbe stata una iattura, visto che nel primo governo Conte si è resa portavoce delle pulsioni separatiste di Zaia. Ma qualunque leghista al ministero delle Autonomie porrebbe un problema, esprimendo un partito che oggi ha esplicitamente ripreso la difesa degli interessi del Nord e rilanciato la questione settentrionale. Di tutto questo i governatori del Sud – ad alcuni dei quali il convegno dei giovani imprenditori ha dato occasione di incontrarsi – devono essere consapevoli. Soprattutto devono sapere che se il Sud non si compatta e parla con una stessa voce la pressione leghista nel governo potrebbe portare a una Autonomia differenziata che lo stesso De Luca definisce disastrosa per il Sud. È urgente e necessario che il Sud faccia pervenire la propria voce non limitandosi a chiedere il rispetto delle percentuali riservate nei fondi Pnrr, o la definizione dei Lep (livelli essenziali delle prestazioni). Proponga e pretenda, invece, politiche nazionali incisive che rafforzino il sistema produttivo meridionale. L’obiettivo è che il Sud diventi finalmente il secondo motore, co-protagonista alla pari con il Nord nel sistema-paese. Diversamente, vinceranno – per dirla con una autorevole citazione deluchiana – i trogloditi. E per un paradosso della storia vinceranno con il concorso determinante di quelli che si autodefiniscono “patrioti”. Ma di quale patria?
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