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Autonomia, il ruolo di Manfredi
di Massimo Villone da la Repubblica Napoli del 26/8/2022
Nel meeting Cl di Rimini il sindaco Gaetano Manfredi si è espresso nettamente contro l'autonomia differenziata nella declinazione corrente. Ne ha dato ampio resoconto Conchita Sannino su queste pagine. Non è una novità per Manfredi, ma che l'abbia fatto merita un apprezzamento, per il contesto e gli interlocutori. Il tema delle riforme istituzionali entra nel confronto elettorale dopo che l'Accordo quadro stipulato dalla destra ha fatto emergere lo scambio tra il presidenzialismo meloniano e l'autonomia di marca leghista. Sul primo sono subito emerse perplessità e critiche sia di principio che per il dettaglio della proposta. Sull'autonomia, invece, non si è aperto alcun vero dibattito. Il programma della Lega dedica al tema un intero paragrafo in cui richiama un "federo-regionalismo", cui peraltro Salvini non sembra voler dare particolare rilievo nella sua campagna elettorale. Vuole evitare di recar danno alla sua proiezione della Lega in chiave nazionale? Forse, ma è un mero occultamento. Sulla stampa del Nord (Gazzettino, Corriere del Veneto, Nuova Venezia del 24 agosto) il governatore Zaia, dopo aver preso significativamente le distanze dalle liste decise dal gruppo dirigente del partito, afferma minacciosamente che l'autonomia è per la Lega, Fratelli d'Italia e Forza Italia una "questione di sopravvivenza". Bisogna ripartire dalla legge quadro già pronta. Una precisa diffida ad adempiere, posta da un possibile competi tor di Salvini - secondo i rumors - nel caso di un cattivo risultato il 25 settembre. Comunque vada, è chiaro che in un governo della destra vincente la componente leghista calerebbe la carta dell'autonomia con una forza non resistibile dai partners. Né ci si potrebbe aspettare in parlamento muri insuperabili da parte di chi, come Azione - Italia viva, candida la ministra Gelmini e scrive nel programma che nella riforma bisogna "tener conto anche del dettato costituzionale relativo al regionalismo differenziato". Ancor meno, poi dal Pd, sul tema da sempre ambiguo per il problema Bonaccini, sull'autonomia ampiamente allineato ai governatori leghisti, e secondo l'opinione generale ai blocchi di partenza per la corsa alla segreteria nel caso di sconfitta a settembre. È una sensazione che trova conferma anche nell'ultima sua intervista a La Stampa del 24 agosto. Del resto, Letta ha già sdoganato l'autonomia differenziata sostenendo la posizione del Pd veneto solo blandamente riduttiva della bulimia gestionale di Zaia. Essendosi candidato al Nord, non potrà certo fare passi indietro. Il punto è che l'autonomia fin qui delineata trova le sue strutture portanti nella legge-quadro (prima Boccia, poi Gelmini), e nei livelli essenziali delle prestazioni per i diritti civili e sociali (Lep). Sono temi sui quali ho ripetutamente scritto su queste pagine, e non mi ripeterò. Basta ribadire che non danno alcuna risposta alle perplessità di Manfredi. Non pongono all'autonomia limiti funzionali all'unità del paese in materie strategiche, non contrastano efficacemente le diseguaglianze nei diritti fondamentali, non impediscono - anzi favoriscono -forme di neo-centralismo regionale, non rafforzano in prospettiva la coesione sociale e territoriale e il superamento dei divari, non garantiscono coerenza con gli obiettivi del Pnrr, e in specie con il fine del rilancio del Mezzogiorno come secondo motore del paese necessario alla crescita dell'Italia tutta. Come evitare che la voce di Manfredi rimanga isolata e velleitaria? Almeno due i modi possibili. Il primo. Rendere l'autonomia differenziata un tema effettivo di campagna elettorale, cogliendo ogni occasione per incalzare i candidati ad assumere un preciso impegno per una autonomia accettabile per il Sud. Il secondo. Spingere le istituzioni del Mezzogiorno a fare rete per far valere il peso di un terzo del paese. Un territorio che se fosse autonomo sarebbe per popolazione ai primi posti tra gli stati europei. In questo lo stesso Manfredi ha certamente un ruolo primario. In ogni caso, si può trovare supporto nella legge costituzionale di iniziativa popolare, appoggiata da un gruppo di costituzionalisti e non solo, per la quale all'inizio di settembre avvieremo la raccolta delle 50000 firme necessarie alla presentazione in parlamento. Punta a correggere gli articoli II6.3 e II7 della Costituzione per renderli pienamente coerenti con l'unità del paese e l'eguaglianza dei diritti. Daremo notizia sul come e dove firmare, e chiederemo la firma di candidati, rappresentanti delle istituzioni e dei partiti. Firmare varrà più di un fiume di parole.
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