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Patto per Napoli, una strada in salita mentre cresce il gelo con la Regione
di Massimo Villone da la Repubblica Napoli del 28/1/2022
Con l'elezione del Capo dello Stato la politica offre uno spettacolo che si può definire preoccupante. Beninteso, non è certo inusuale che il voto delle Camere riunite sia contornato da trattative complesse e defatiganti. Ma la novità è che tutte le forze politiche si presentano al proprio interno divise, e incapaci di sintesi unitarie. Una situazione persino peggiore di quella che nel 2013 portò 101 franchi tiratori ad affondare Prodi, e che costringe oggi tutti i leader a fare i conti con un consistente fuoco amico. Una politica sempre meno capace di parlare al paese. Una evoluzione negativa che non più di qualche settimana fa ha prodotto in una elezione suppletiva una partecipazione non lontana dalla singola cifra. E che non sembra offrire segnali positivi nemmeno nelle istituzioni regionali e locali, pure definiti da alcuni democrazia "di prossimità". n patto per Napoli da ultimo stipulato con il governo probabilmente ne è prova. Alberto Lucarelli su queste pagine ha criticato le pesanti condizionalità imposte sulla città, sostanzialmente in un'ottica di prendere o lasciare. Si segnalano in specie la cosiddetta valorizzazione (leggi vendita) del patrimonio e la spinta verso la privatizzazione dei servizi. A suo avviso, è tradito il ruolo che la Costituzione assegna ai comuni, componente essenziale e paritaria della Repubblica ai sensi dell'art.114. Ha ragione nel segnalare una compressione molto forte dell'autonomia. Ma è quel che accade quando un debitore in difficoltà chiama altri in soccorso. Si dice che l'Italia sia un paese a sovranità limitata nei confronti dell'Europa e dei mercati, per il peso del debito pubblico. Lo stesso accade per la città che ora sottoscrive il Patto. In ogni caso, il Patto apre a un rilancio della città possibile, se pure per nulla certo. Il punto vero di domanda è se Napoli sarà in grado di procedere sulla strada indicata. L'ostacolo, per questo e più in generale per le iniziative che il sindaco Manfredi intenderà assumere, è dato dalla estrema debolezza della macchina amministrativa del Comune. Leggiamo che in relativamente pochi anni il Comune di Napoli ha perso tre dipendenti su quattro. È vero che i meno giovani ricordano i tempi in cui un posto al Comune non si negava a nessuno, beninteso se parente, amico o sodale. Ma l'eccessivo salasso ha prodotto alla fine un corpo del tutto esangue. Cosa potrà davvero fare il sindaco per ricostruire l'efficienza amministrativa? Con quali tempi, visto che reperire e formare personale all'altezza non è cosa che si fa dall'oggi al domani? Come ha scritto di recente Ottavio Ragone, Napoli ha scelto con Manfredi un sindaco del fare. Ma un sindaco è solo il regista di una macchina complessa, in specie nelle grandi città. E dunque si richiede un'intera amministrazione del fare. Un piano organico e definito negli obiettivi, nei contenuti e nei tempi dovrebbe essere una assoluta priorità. Non aiuta, in prospettiva, il rinnovarsi del conflitto tra città e Regione già conosciuto con De Magistris sindaco. Si dice che De Luca non abbia gradito i ringraziamenti rivolti da Manfredi a Draghi e al governo nazionale, che quotidianamente lui sbeffeggia e insulta. Beninteso, una competizione politica tra la grande città e la Regione è in certa misura fisiologica. La proposta di un regime speciale per Milano avanzata qualche mese addietro dal sindaco Sala parlava anzitutto al governatore Fontana. Ma la contesa va posta su un piano accettabile. Quello che intende De Luca l'abbiamo visto nell'ultima querelle sul San Carlo. L'attacco viene rivolto anche al sindaco, presidente dell'ente, con l'elegante affermazione che la presidenza dovrebbe spettare a chi mette i soldi. Dobbiamo intendere, a lui stesso. Che questo fosse il senso ultimo della politica secondo De Luca lo sospettavamo. No, grazie. La fame dei governatori si traduce in pulsioni di centralismo regionale persino peggiore del centralismo statale del tempo che fu, che vanno decisamente contrastate. Così, De Luca volga il suo protagonismo altrove, ad esempio, verso la costruzione di uno schieramento meridionale sulle risorse al Sud e l'attuazione del Pnrr, visto che in tale prospettiva non mancano i segnali negativi. Si impegni sul rilancio del Sud come seconda locomotiva del paese, che faccia uscire l'Italia da una stagnazione altrimenti inevitabile, come ribadisce la Svimez nel suo ultimo rapporto, in specie al cap. XXII, di cui gli consigliamo vivamente la lettura. E comunque sappia che, se fosse materia di scommesse, tra De Luca e Manfredi scommetteremmo sempre su Manfredi.
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