HOME
|
ARTICOLI
|
DOCUMENTI
|
FORUM
|
COMITATI TERRITORIALI
|
INIZIATIVE
|
RACCOLTA FIRME
I segnali di pericolo del caso Whirlpool
di Massimo Villone da la Repubblica Napoli del 17/10/2021
Il dramma Whirlpool va a chiudersi. L'azienda conferma i 321 licenziamenti per il 22 ottobre, e un nuovo incontro fissato per il 19 non sembra poter cambiare il copione già scritto. Non è ancora pronto, infatti, il progetto di re-industrializzazione, cui pure il governo ha lavorato per mesi, né sono bene definiti il ruolo e l'impegno di Invitalia. Nella notte, i ministri Giorgetti e Orlando che avevano promesso una personale partecipazione si limitano a una comparsata online. Se questo è il livello di attenzione, l'effigie di San Gennaro che i lavoratori hanno portato a Roma è una garanzia più efficace. Eppure, il caso Whirlpool avrebbe dovuto e dovrebbe essere un segnale di pericolo bene al di là della realtà napoletana. Il prevalere della finanza sull'economia reale può condurre alla distruzione di realtà produttive in principio vitali e competitive. Tante alate parole sulla responsabilità sociale di impresa possono occultare una gestione alla fine solo speculativa e volta al profitto. Non si esita a colpire centinaia di lavoratrici, di lavoratori, di famiglie se la chiusura di un sito e la delocalizzazione possono fanno salire un titolo in borsa di qualche frazione di punto. Pochi guadagneranno, sulla pelle di molti. Una forte iniziativa pubblica contro la piaga delle delocalizzazioni selvagge viene più o meno apertamente osteggiata da chi teme che ne venga un ostacolo agli investimenti privati. Al fondo, è un cedimento progressivo del lavoro come valore: lo stesso che ha generato il Jobs Act, la difficoltà di far valere le ragioni dei più deboli davanti al giudice, il quotidiano rintocco delle campane per i morti, la pronta riapertura ai licenziamenti nel primo allentarsi della crisi pandemica, da ultimo la devastazione della sede Cgil. È un mosaico ampio, in cui la vicenda Whirlpool è anche emblematica dell'indebolimento del tessuto produttivo del Mezzogiorno. Deve farci riflettere, perché si chiude con un fallimento quando il Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr) vorrebbe ridurre il divario strutturale Nord-Sud. È la stessa Europa che lo chiede, addirittura condizionando a tale obiettivo l'assegnazione delle risorse. Ma come si può ridurre il divario, se da mesi non si riesce nemmeno a conseguire il comparativamente modesto fine di far partire l'hub di mobilità sostenibile che ha visto -a quanto si legge -il governo impegnato a fondo sin dall'inizio di agosto? E sul quale Giorgetti si limita oggi a dire che il governo ha fatto tutto il possibile? Ma davvero? Sulla intenzione dell'esecutivo di fare un effettivo sforzo per rilanciare il Mezzogiorno ed in specie il suo sistema produttivo è lecito dubitare, e non solo per la torpida iniziativa sulla Whirlpool. È l'impianto tutto del Pnrr che richiede un'attenzione ravvicinata, che vada al di là delle dichiarazioni ministeriali auto-celebrative. Una rete di 500 sindaci ha protestato, e ha fatto bene. Ma non è solo il punto della quantità di risorse riservate al Sud. Si è visto con la questione delle risorse "territorializza bili", con il problema dei bandi - ricordiamo gli asili nido -e con la comparativa debolezza delle amministrazioni meridionali. Leggiamo che di 31 progetti presentati dalla Sicilia per l'irrigazione nemmeno uno è stato accettato. Indubbiamente erano fatti male. Ma ci vuol molto a capire che l'obiettivo non è quello di provare l'inefficienza delle amministrazioni siciliane, che possiamo dare per scontata, ma fornire l'acqua ai cittadini siciliani? E che va costruita una strumentazione adeguata rispetto al fine? Per questo ho ripetutamente invitato da queste pagine i candidati a sindaco di Napoli ad attrezzarsi per tempo in funzione del Pnrr. Leggiamo sul "Sole 24Ore" di ieri una dichiarazione di Manfredi che paventa la possibilità che Napoli non riesca a utilizzare le risorse, peraltro insufficienti, del Piano. Anche questo copione era già scritto, insieme a quello che vede il Mezzogiorno come terra di turismo e di cultura, mentre la manifattura che traina il paese è al Nord, dove bisogna concentrare gli investimenti. Una strategia sbagliata che reca danno al paese tutto, ma nella quale la chiusura della Whirlpool non stona affatto. Poco o nulla conta, poi, che la valanga cada sulla vita, i bisogni e le speranze di tanti.
newsletter