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Manfredi alla sfida del nuovo Sud
di Massimo Villone da la Repubblica Napoli del 8/10/2021
Il voto a Napoli ha dato un esito inequivoco sul sindaco, ma in un quadro complesso e variegato. Si segnalano in specie tre profili. Il primo, negativo: aumenta l’astensionismo, soprattutto nelle città maggiori, e in misura più ridotta nelle realtà minori. Questo può suggerire che si avvii al tramonto la stagione della moltiplicazione all’infinito delle civiche di sostegno. La ricerca spasmodica dell’ultimo voto da parte di centinaia di candidati in lista può aver in parte frenato la fuga dalle urne. Questo effetto forse si va indebolendo. In ogni caso, non ha mai favorito qualità delle assemblee elettive, coesione e solidità delle maggioranze, capacità effettiva di governo. È un film già visto in consiglio comunale, e non possiamo escludere un remake. Dell’ampia maggioranza numerica che sostiene Manfredi (28 su 41) il Pd prende sei seggi, M5S e Lista Manfredi cinque a testa. In totale, sedici, lontani dalla metà più uno dell’assemblea. Altri dodici seggi sono distribuiti tra ben otto liste, ciascuna delle quali prende uno o due consiglieri. Gestire una simile assemblea è problematico. E questo non solo per il rischio di un mercatino delle prebende, ma per la difficoltà di formulare e attuare un indirizzo politico in un contesto frammentato, insuscettibile di essere governato con la logica unitaria propria di un soggetto organizzato. Il secondo profilo, positivo: ha buon esito l’alleanza Pd-M5S. Il calo dei consensi al Movimento era atteso. Ma le prime stime dei flussi dell’Istituto Cattaneo sulla base elettorale rimasta a M5S dimostrano che l’apporto al successo di Manfredi è stato molto importante. L’elettorato M5S non ha mostrato rigetto verso il candidato sindaco, mentre la dissidenza interna rappresentata da Brambilla si è ridotta ai minimi. Non ha mancato l’occasione di sbagliare il governatore De Luca, che per intestarsi tutti i meriti ha subito dichiarato l’irrilevanza di M5S nella vittoria di Manfredi. Ma vogliamo perdonarlo, assumendo che sia stato distratto dall’inaugurazione della monumentale Piazza della Libertà a Salerno. Che, per De Luca, batte Roma e piazza San Pietro uno a zero. Si può dunque dire che il modello Napoli ha funzionato, e il dato non è di poco conto se l’alleanza Pd-M5S deve essere strategica per il futuro voto politico, lontano o vicino che sia. Ma qui due temi meritano considerazione. Anzitutto, se c’è stata una specificità napoletana data dal candidato, dalla presenza sul territorio di leaders M5S di primo piano, da scelte come il reddito di cittadinanza. Inoltre, ci sono non poche realtà, in specie nel Nord, in cui la presenza M5S è ormai marginale. Il baricentro del futuro M5S sembra ancora collocato al Sud, mentre così non è per il Pd. Come questo possa incidere sul formarsi di un’alleanza strutturale e sul suo progetto politico rimane da vedere. Il terzo e conclusivo profilo. Dopo il voto Manfredi ha elencato priorità di buona amministrazione sulle quali nessuno potrebbe dissentire. Leggiamo che ha già avviato l’iniziativa sul debito pregresso e sul dissesto. Bene. Ma vogliamo sottolineare l’importanza dell’attenzione da lui dimostrata per il Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr) come occasione per la città e il Mezzogiorno. È in specie apprezzabile la consapevolezza sia della necessità che Napoli abbia un ruolo, sia dei problemi che si incontreranno, a partire dai bandi cui la città dovrà partecipare. E segnaliamo a Manfredi che deve occuparsi anche dell’autonomia differenziata, che si incrocerà fatalmente con il Pnrr. È di nuovo in pista, come da ultimo dimostra la Nota di aggiornamento del Def che include tra i collegati al bilancio il disegno di legge attuativo dell’articolo 116.3 della Costituzione. Cosa può fare su questo il sindaco di una grande città? Molto, parlando all’opinione pubblica, alla politica, alle istituzioni. Assumendo iniziative politicamente rilevanti e chiamando a raccolta energie e intelligenze. Probabilmente, è l’intenzione del neo-sindaco Lepore, quando afferma che Bologna vuole tornare ad essere prima in un’Italia progressista e solidale. Sembra proprio voglia porsi in alternativa al Bonaccini governatore. Lo stesso può fare Manfredi, se diventa alfiere di una città e di un Mezzogiorno che vogliono uscire dalla minorità politica e soprattutto economica che li costringe a mendicare la stentata e riluttante solidarietà del Nord. E se mette a nudo la pochezza di un ceto politico meridionale pronto a barattare il futuro con scampoli di potere gestionale. Sindaco, la città ti ha dato fiducia. Ora tocca a te.
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