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Cento giorni per cambiare direzione
di Massimo Villone da la Repubblica Napoli del 30/9/2021
Il Maestro Riccardo Muti ci dice da queste pagine che Napoli deve ritrovare la sua identità, e ridiventare capitale. Giustissimo. Ma qual è l'identità oggi possibile? Basta richiamare storia e cultura? Capitale di cosa? Come si raggiunge l'obiettivo? Ovviamente, non spetta né mai spetterebbe a Muti rispondere a tali domande. Ma i candidati che si sono subito allineati plaudendo al Maestro dovrebbero. Una campagna elettorale è fatta sui bisogni dell'oggi, e sulle speranze per il domani. Dei bisogni si è parlato giustamente molto. Delle speranze, che non fossero vuote promesse, poco. Ho già scritto - e ribadisco - che la prossima sindacatura non sarà di ordinaria amministrazione. Coinciderà sostanzialmente con l'attuazione del Piano di ripresa e resilienza (Pnrr). Il Paese potrà e dovrà cambiare, e Napoli con esso. Ancor più, volendo tornare ad essere capitale, la domanda è se la città può ambire a tale ruolo rimanendo chiusa nella cinta daziaria, e scommettendo solo sul turismo e la cultura, o se deve piuttosto puntare a una leadership più complessiva nella politica, nell'economia, nelle istituzioni, nel Mezzogiorno prima che nel Paese tutto. Cosa può fare il Pnrr per Napoli, e cosa può fare Napoli - per se stessa e per il Sud - per incidere sull'attuazione del Pnrr? Questa più ampia prospettiva è sostanzialmente mancata nella campagna elettorale. È certo importante che il sindaco di Napoli sia - come da ultimo è stato deciso - commissario per Bagnoli. Ma il suo ruolo dovrebbe andare oltre. Siamo stati sommersi dalle esternazioni dei candidati sui social, dalle frasi più o meno epocali, e dalla narrazione di incontri, assemblee, forum e quant'altro. Ma un progetto politico compiuto non viene dalla sommatoria di tante parole disperse. Non basta partecipare a qualche assemblea di operatori economici e sociali plaudendo ai loro obiettivi e assumendoli come propri. Un progetto è un quadro coeso di priorità, obiettivi, tempi, modalità di attuazione, risorse. È probabile che dal voto amministrativo vengano tormentoni mediatici, come la sorte dell'alleanza Pd-MSS, o il futuro del Movimento come forza radicata essenzialmente nel Sud, in specie dopo le pulsioni nordiste di Conte pellegrino in Lombardia. Ma saranno in corso partite meno visibili e tuttavia capaci di incidere sul futuro. Lo vediamo In una recente audizione (22 settembre) nella Commissione bicamerale per l'attuazione del federalismo fiscale di Fedriga, presidente del Friuli-Venezia Giulia e della Conferenza delle Regioni. Fedriga ritiene che l'autonomia differenziata sia «fondamentale - e questo posso dirlo anche essendomi confrontato con colleghi presidenti delle Regioni del Mezzogiorno - anche per le Regioni del Sud Italia». Vorremmo proprio sapere su cosa, quando e con chi si è confrontato. Interviene poi Caparino, coordinatore della Commissione affari finanziari della Conferenza delle Regioni, nonché assessore della regione Lombardia e leghista. Annuncia che le Regioni chiedono per l'attuazione del Pnrr la trattativa uno a uno con i singoli ministeri e sui progetti, non i mega-tavoli previsti da Palazzo Chigi, tanto affollati di commensali da far temere che nessuno alla fine conti. Si punta a un controllo ravvicinato, e pesante. Per noi rileva che la gestione delle risorse Pnrr in una sede cruciale di concertazione come la Conferenza è saldamente in mani nordiste e leghiste. La cosa ci riguarda, e non poco. Per di più, Fedriga e Caparino sono la Lega di governo, quella vicina a Draghi, non quella salviniana di lotta. Quanto peserà su un esecutivo già squilibrato verso il Nord? Non dimentichiamo che proprio nelle sedi di concertazione - Conferenza delle Regioni e a seguire Conferenza Stato-Regioni - si è consolidata negli anni la minorità politica ed economica del Mezzogiorno. Ovviamente, una parte rilevante della colpa si trova nella pochezza del ceto politico meridionale, da tempo in condizione di subalternità. È un paradosso della storia che sia oggi l'Europa a chiederci maggiore coesione, sociale e territoriale. Come anche altri scrivono, è un problema di classe dirigente. E quindi la domanda finale è: Napoli ha una classe dirigente all'altezza del compito? L'ha avuta in passato, è dubbio che l'abbia al presente, non sappiamo se l'avrà in futuro. Il banco di prova, da lunedì o dal ballottaggio, sarà il programma dei cento giorni che il vincitore proporrà. In assenza di segnali inequivoci, come Muti citeremo una famosa canzone: "tengo 'o core scuro scuro ... ma pecché, pecché ogni sera, penzo a Napule comm'era, penzo a Napule comm'è".
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