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Vaccini, libertà di scelta o diritto alla salute pubblica
di Massimo Villone dal Manifesto del 6/7/2021
Ha destato sensazione l’iniziativa di alcune centinaia di operatori della sanità che hanno presentato ricorso al giudice amministrativo per contestare l’obbligo vaccinale imposto dall’art. 4 del decreto-legge 44/2021, convertito in legge 76/2021, a «gli esercenti le professioni sanitarie e gli operatori di interesse sanitario», e le conseguenze previste nel caso di omessa vaccinazione. Per quanto si apprende dalla stampa, l’argomento principale è dato dall’art. 32 della Costituzione, per cui «nessuno può essere obbligato ad un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge. La legge non può in nessun caso violare i limiti imposti dal rispetto della persona umana». La parte ricorrente ne trae la conseguenza che non è consentito imporre la vaccinazione a persona per qualsivoglia motivo non consenziente. Un chiarimento preliminare. In realtà, la legge non dispone che alcuno sia vaccinato contro la propria volontà, e certo l’operatore sanitario può rifiutare il vaccino. La norma, piuttosto, definisce le condizioni per l’esercizio dell’attività lavorativa. Si può rifiutare il vaccino, ma non si può in tale ipotesi continuare a lavorare come se niente fosse. È corretta la posizione assunta sul punto dalla Federazione nazionale degli ordini dei medici. A voler essere rigorosi, non si dovrebbe nemmeno assumere come norma di riferimento l’art. 32 e il diritto di rifiutare il trattamento sanitario, visto che tale diritto non viene contestato. Del resto, anche a voler ritenere che la legge imponga surrettiziamente un obbligo, e quindi assumere comunque l’art. 32 come riferimento, la formulazione della norma è del tutto chiara. Se ne desume che l’obbligatorietà di un trattamento sanitario può bene essere disposta per legge. Il ricorso al giudice amministrativo sarebbe stato ad esempio appropriato e vincente contro un decreto del presidente del consiglio dei ministri che imponesse l’obbligo. Così non è in presenza di un decreto-legge. Ma la strategia dei ricorrenti anticipa – com’è ovvio – una questione di costituzionalità da sollevare con il fine di giungere alla Corte costituzionale. E la domanda sarà se il legislatore poteva razionalmente e giustificatamente prevedere l’obbligo vaccinale come condizione per il prosieguo dell’attività lavorativa. Un primo punto da considerare è che lo stesso art. 32 prevede, al comma 1, che la salute «è fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività». La prima parte sorregge il pieno diritto all’autodeterminazione e il rifiuto di qualsiasi trattamento sanitario, persino salvavita, come abbiamo visto in notissimi casi come Welby ed Englaro. La seconda sorregge invece la disposizione di legge che eventualmente preveda l’obbligatorietà. Due interessi entrambi costituzionalmente protetti, l’uno individuale l’altro collettivo, il cui bilanciamento è affidato al legislatore. In base a quali criteri dovrà essere effettuato? Esiste già nel nostro ordinamento l’obbligatorietà per alcuni vaccini (decreto-legge 73/2017, convertito in legge 119/2017). Perché contestarla in questo caso? Sembra di cogliere che più di una posizione in senso proprio no-vax – che sarebbe davvero difficile da capire nel caso di personale a qualunque titolo impegnato nella sanità – si dubiti della sicurezza offerta dai vaccini Covid, in specie per i tempi troppo brevi imposti dalla pandemia. Dovrebbe il legislatore tenerne conto nell’esercitare la propria discrezionalità? La Corte costituzionale ha da tempo elaborato una giurisprudenza (ad esempio, sent. 282/2002 e 185/1998) per cui in materie come quella in esame il legislatore non dispone di una illimitata discrezionalità, ma deve tener conto del sapere medico e dell’elaborazione tecnico-scientifica. Ovviamente come in ogni campo del sapere potremo sentire voci diverse. Ma nella specie l’orientamento largamente prevalente nelle sedi appropriate e non nelle comparsate televisive non è dubbio: i vaccini sono indispensabili, e i pericoli che diversamente si corrono sono gravi. Dunque, non si mostra fondata la contestazione alla legge in discussione. Nella situazione oggi data abbiamo il diritto di rifiutare il vaccino, volendo. Non abbiamo il diritto di mettere a rischio la salute degli altri.
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