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L’Italia ha bisogno di un Sud che corre
di Massimo Villone da la Repubblica Napoli del 3/5/2021
Il Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr) è salpato verso Bruxelles nel termine previsto. Non era scontato, viste le turbolenze politiche. Nel dibattito parlamentare, pur ridotto al minimo, si sono levate molte voci critiche per il Sud. Tanto da stimolare una risposta di Draghi nella replica in Senato. Il premier ha voluto anzitutto negare l'insufficienza del 40% di risorse destinate al Sud. Ha fatto una puntigliosa elencazione dei fondi complessivamente assegnati. E ha affermato che l'Europa chiede di ridurre i divari «con azioni effettive e riforme efficaci, e non con una mera ripartizione contabile delle risorse». Possiamo anche dargli ragione in principio. Ma è difficile sfuggire alla sensazione che giustapporre alle risorse del Pnrr altre risorse, in specie se in origine destinate prioritariamente al Mezzogiorno, sia un raffinato gioco delle tre carte, che intanto libera verso altri lidi risorse europee che avrebbero dovuto indirizzarsi al Sud. E che appostare risorse su interventi previsti dopo il 2026 - come è in parte per l'alta velocità fino a Reggio Calabria, principale opera citata per il Sud - significa sottrarli alle condizionalità europee e affidarli alla ben più labile politica nazionale. Ma soprattutto preoccupa che Draghi chiuda richiamando le «storiche difficoltà del Sud nell'assorbimento dei fondi pubblici». È più che un'assonanza con le tesi degli economisti - Galli, Gottardo, Giovanardi, Stevanato - che ne fanno l'asse portante della lettura a sostegno della locomotiva del Nord. Ed è una frase che rilancia la palla direttamente nel campo della politica meridionale. Il 40% scivola nell'irrilevanza se non si riesce nemmeno a spenderlo. Soprattutto, considerando che le verifiche europee saranno fatte a stadi di avanzamento, bisogna cominciare a spendere bene da subito. Draghi ci dice della costituzione di gruppi di lavoro pronti ad aiutare per la progettazione, «naturalmente se graditi». Ma cosa fa la politica locale per mettersi al passo? Non fa abbastanza. Bisogna stimolare il dibattito nelle assemblee elettive e nei soggetti politici. E soprattutto costruire sedi in cui raccogliere esperienze e competenze: università, imprenditoria, sindacato, terzo settore, associazionismo, e chiunque abbia idee e proposte, per dare voce al Sud nel suo insieme, rimodulare nelle sparse indicazioni del Pnrr una proiezione strategica per quanto possibile, e impegnarsi nell'attuazione. I temi non mancano: eolico e fotovoltaico, porti e retroporti, Zes, intermodalità, trasporti e mobilità, manifattura moderna e sostenibile. Napoli e la Campania potrebbero e dovrebbero prendere l'iniziativa. C'è chi - come il Veneto - celebra l'uscita a breve dalla crisi, con il ritorno già nel 2021 ai livelli del 2012 (Nuova Venezia - Mattino di Padova, 1 maggio). Mentre non serve discutere all'infinito sulla candidatura a sindaco di Napoli, attaccare il governo sullo scippo di vaccini, o colluttare su aperture e chiusure. È positivo che il Pd abbia dedicato una riunione di segreteria nazionale al Mezzogiorno. Aspettiamo ora che ci dica come conciliare questa attenzione con l'autonomia differenziata che il Documento di economia e finanza ha confermato tra i disegni di legge collegati al bilancio. È sempre dietro l'angolo il rischio che il Mezzogiorno sia visto solo in chiave di turismo, cultura e qualche eccellenza agroalimentare, al più con piccole concessioni sui livelli essenziali delle prestazioni (Lep) per temperare le più stridenti diseguaglianze. Non basta. Il divario Nord Sud non si attacca solo alzando di una tacca o due il livello dei servizi. Si attacca portando il sistema produttivo del Mezzogiorno a contribuire alla ricchezza nazionale in misura comparabile con le altre parti del paese. Nell'Italia di oggi pesano gli interessi territoriali forti, come dimostra l'ultima vicenda dei fondi europei e di cofinanziamento per l'agricoltura che le regioni del Centro-Nord hanno cercato di scippare al Sud. Sono state fermate anche da una risposta compatta del Mezzogiorno. È la dimostrazione che nelle conferenze e nelle sedi di concertazione il Sud è minoritario, e perdente se va in ordine sparso. Un dato da non dimenticare per la governance del Pnrr. Mattarella ancora una volta richiama - ed è giusto - la coesione nazionale. Ma non c'è da farsi illusioni, il percorso è impervio. Se ne vede la fine solo se all'uscita dalla crisi il Sud non è l'ultimo vagone del treno trainato dalla locomotiva del Nord verso l'Europa, ma la locomotiva di testa di quello che porta l'Europa nel Mediterraneo.
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