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De Magistris tra silenzi e fughe
di Massimo Villone da la Repubblica Napoli del 24/3/2021
Non siamo fan del modello “stati generali”. È alto il rischio che si parli molto, e si faccia poco. Tutti ne escono soddisfatti, ma nessuno può garantire che si produca qualcosa di utile. Per questo, nell’evento organizzato dalla ministra Carfagna il punto importante ci è sembrato l’indirizzo di saluto del premier Draghi. Vogliamo intenderlo come riassuntivo di un indirizzo di governo. A differenza che nel discorso programmatico per la fiducia, Draghi ha assunto esplicitamente il “fermare il divario” Nord-Sud come priorità del governo. Ha così recuperato in qualche misura un silenzio inaccettabile. Ha sottolineato l’intenzione di far ripartire il processo di convergenza tra Mezzogiorno e Centronord «fermo da decenni, anzi dagli inizi degli anni ’70 ad oggi è grandemente peggiorato». Bene. Ma non ha mancato di segnalare quelli che vengono tipicamente addotti come i punti di debolezza del Sud: in specie, la capacità di spendere, e di portare a buon fine gli investimenti in opere pubbliche. Ancora, il deficit di classe dirigente, e il tema della legalità. Un intervento bifronte. Da un lato Draghi apre all’obiettivo di ridurre con il Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr) il divario Nord-Sud. Ma non dice che far correre il Sud conviene anche al Nord, diversamente dalla vulgata degli economisti di area Bocconi-Cattolica. Non dice che il Paese ha bisogno di un secondo motore nel Sud. Piuttosto, dice che si dà al Mezzogiorno un’occasione. Se ce la fa ad afferrarla, sarà per il meglio dei suoi cittadini. Se non ce la fa, peggio per loro. Il resto del paese andrà avanti per conto suo. È questo il senso della sottolineatura – non casuale – sulla classe dirigente, che ha la responsabilità di mettere il Mezzogiorno in grado di sfruttare l’occasione. E qui bisogna intendersi. Cinquanta sindaci del Sud hanno scritto a Draghi lamentando che l’attuazione del Pnrr graverà su amministrazioni indebolite da anni di tagli sulla spesa e sul personale, invecchiate e impoverite - assai più di quelle del Centro-Nord - soprattutto nelle competenze tecniche. Vero. Ma questi argomenti non fermeranno la competizione sulle risorse. Il Giornale del Piemonte e della Liguria del 23 marzo sottolinea il deficit infrastrutturale della Liguria in chiave servente del porto di Genova. Si pensa forse che non esprima il pensiero delle istituzioni locali? O che la pressione sottesa non stia arrivando nelle stanze in cui si elabora il Pnrr? E senza fare stati generali. Sono momenti in cui bisogna esserci, e dare battaglia. Se le amministrazioni non sono in grado di reggere, si trovi il modo di tenere il passo sul Pnrr ora, e non fra un anno con concorsi e assunzioni tutti da fare. Perché, ad esempio, non chiedere alle università del Sud di mettere in campo tutto quel che hanno per sostenere lo sforzo? Perché non chiedere il supporto operativo di esperti e di know-how a ordini professionali, organizzazioni imprenditoriali e sindacali, associazioni come la Svimez? Certo, questo presuppone una minima formulazione di obiettivi e priorità, in cui la politica non può essere bypassata. Ma nel dibattito nazionale sono emerse già alcune indicazioni strategiche, ad esempio, sui porti, con tutto quel che comportano per l’infrastrutturazione di trasporto e mobilità, o sull’eolico offshore nell’ambito della transizione ecologica. Perché non partire da quelle? Che dice ad esempio Napoli sul suo porto, e sulla rete con i porti del Sud che darebbe vita alla piattaforma logistica in uno scacchiere euro-mediterraneo di cui discutono gli esperti? Che ne sa il sindaco? Ne sanno i consiglieri? Ne parlano? Da Napoli sentiamo solo un silenzio tombale. Il sindaco è altrove, in una campagna elettorale che durerà alcuni mesi. Il consiglio comunale da tempo si mostra incapace - spesso per mancanza di numero legale - di un dibattito di alto profilo volto al futuro. È inaccettabile per una città che ama definirsi capitale del Mezzogiorno. Sarebbe davvero meglio per tutti se una mozione di sfiducia al sindaco o le dimissioni contestuali della metà più uno dei consiglieri producessero lo scioglimento anticipato e il commissariamento, ai sensi del TU enti locali. Sgombrare il campo perché cominci a manifestarsi il nuovo. Non si può dar torto a Draghi, sul deficit di classe dirigente. E bisogna capire che il premier non è Babbo Natale, pronto con il sacco dei doni. Quanto meno, dobbiamo aiutarlo dicendogli, magari con una lettera, cosa mettere in quel sacco. Niente di impossibile, sempre che il nostro ceto politico sia capace di leggere e scrivere.
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