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Manifatture per il rilancio del Mezzogiorno
di Massimo Villone da la Repubblica Napoli del 15/3/2021
Dal governo Draghi il Mezzogiorno ha ricevuto fin qui molti segnali negativi. In specie, la composizione iper-nordista dell'esecutivo; la scelta della Gelmini per il ministero delle Autonomie; i silenzi omissivi dello stesso premier sul divario Nord-Sud; la scelta come consigliere economico di Giavazzi, già citato su queste pagine per la teoria che sia inutile e persino dannoso riversare risorse pubbliche nel Mezzogiorno, geneticamente incapace di farne buon uso; la scelta come consigliere per le istituzioni della Sileoni, a lungo presso l'Istituto Bruno Leoni, noto per orientamenti liberisti e complessivamente destrorsi. Un segnale almeno in parte diverso è invece venuto l'8 marzo 2021 dall'audizione del ministro Franco presso le Commissioni congiunte di Camera e Senato. Nella memoria presentatasi richiama l'obiettivo di un «riequilibrio territoriale e di sviluppo del Mezzogiorno e delle aree interne». La riduzione dei divari è «fondamentale anche per consentire alla nostra economia di tornare a crescere». Il ministro non segue chi nell'uso dei fondi europei vorrebbe concentrare risorse sul Nord presuntivamente più efficiente e meglio in grado di metterle a frutto. Ha ragione. È una tesi sbagliata e in continuità con gli orientamenti dell'Ultimo quarto di secolo, che hanno prodotto come effetto collaterale non voluto la perdita di molte posizioni nelle classifiche europee per lo stesso Nord. Franco mostra di assumere come scelta giusta e utile al paese, oltre che coerente con le linee adottate dall'Ue, la riduzione del divario Nord-Sud. È un dato importante, per la centralità del Mef nella governance dei fondi europei. Ma saranno i singoli ministeri a fare in prima battuta le scelte di merito, e al Mef spetterà un ruolo di coordinamento e di controllo. Decisivo, certo, ma non esclusivo. E ci sarà un assalto alla diligenza da parte di soggetti di maggiore o minore peso economico e politico, che cercheranno di acquisire vantaggi. Sarà cruciale avere chiari obiettivi strategici, che per il Mezzogiorno si si possono riassumere in uno solo: ridurre il divario, riattivando il secondo motore del sistema-Italia in una prospettiva euro-mediterranea non asservita alle economie forti dell'Europa. Prospettiva non facile. Forze potenti preferirebbero che il Mezzogiorno vivesse di turismo, cultura, agroalimentare e poco altro. Aggiungendo un po' di livelli essenziali delle prestazioni (Lep), cosa potremmo volere di più? Non basta. Il rilancio deve guardare al sistema produttivo nel suo complesso, e deve includere la manifattura. Non si ridurrà mai il divario facendo del Sud la Florida d'Italia, terra di turisti e di pensionati. Così non si darà speranza a chi non vorrebbe prendere la versione moderna della valigia di cartone degli inizi del secolo scorso. Ci sono idee in campo, ad esempio quelle che investono il ruolo dei porti meridionali verso i mercati dell'Africa e dell'Asia, o settori come l'eolico offshore, in cui il Sud ha un vantaggio oggettivo di mare e di vento. Iniziative che richiedono di orientare i progetti infrastrutturali di mobilità e trasporto ben oltre l'idea di realizzare qualche tronco di (quasi) alta velocità di cui si parla da anni, e magari sono già in corso di realizzazione. E bisogna ripensare e valorizzare le Zes. I tempi sono strettissimi. Le istituzioni e la politica devono muoversi. Nel Pd l'assemblea di domenica ha chiuso la tempesta che si era aperta con le dimissioni di Zingaretti. Letta ha avuto quasi l'unanimità, con 860 sì, 2 no e 4 astenuti. Se è stato invece unanimismo, lo vedremo in seguito. Comunque, è bene che non sia stato eletto Bonaccini, come invece era nelle intenzioni degli ex-renziani. Avremmo avuto come segretario del Pd il fratello minore di Zaia, e certo è bene averlo evitato. Ma Letta ha impostato tutto il suo discorso sul metodo e sulla coalizione. Per i contenuti di merito programmatico dovremo aspettare. Mentre nel Movimento 5S continua il tormentone, e potrà ben accadere che passino i giorni cruciali per spendersi a favore del Mezzogiorno - ancora oggi la loro principale cassaforte elettorale - nella definizione del Pnrr. In ogni caso, è indispensabile che forze politiche, assemblee elettive, governatori e sindaci del Sud scendano in campo, facciano rete, portino nelle sedi decisionali proposte di pochi e ben definiti obiettivi funzionali a un progetto di futuro. Prima o poi si voterà. E sarà allora evidente se sono stati inetti o ignavi, come quelli che in passato hanno tradito il compito a loro affidato.
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