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Autonomia Regioni le scelte di Boccia
di Massimo Villone da la Repubblica Napoli del 21/11/2020
Nella recente assemblea annuale dell’Anci del 17 novembre il Presidente Mattarella ha usato parole insolitamente dure. Il valore positivo delle autonomie viene meno se ci si divide: «Dobbiamo far ricorso alle nostre capacità e al nostro senso di responsabilità, per creare convergenze e collaborazione tra le forze di cui disponiamo perché operino nella stessa direzione, senza disperderle in polemiche scomposte o nella rincorsa a illusori vantaggi di parte, a fronte di un nemico insidioso che può travolgere tutti». Mattarella ovviamente censura la rissa tra Stato e Regioni. La scelta delle fasce – gialla, arancione, rossa – in base a ventuno parametri analizzati automaticamente da algoritmi non è piaciuta ai governatori. Non concede spazi alla contrattazione. Si è alzata una richiesta pressante di semplificare riducendo drasticamente – a cinque - i ventuno parametri. Se accadesse, la rissa probabilmente si sposterebbe su quali elementi cancellare dal quadro generale o valutare diversamente, secondo le convenienze di ciascun territorio e governatore. Al momento non se ne fa nulla. Ma il rapporto Stato-Regioni ha raggiunto il punto più basso. E dunque meraviglia che il ministro Boccia in audizione il 18 novembre nella Commissione bicamerale per le questioni regionali presenti la crisi Covid come levatrice di una nuova fase del regionalismo. L’aveva già fatto, in altra audizione presso la stessa Commissione, il 30 settembre. Per il ministro il nostro regionalismo, fondato sulla leale collaborazione, è diverso da quello di altri paesi. Le conferenze non sono “parerifici”, ma diventano un luogo di confronto politico e istituzionale. In esse sono nati molti accordi. Boccia vuole completare il modello nascente con più decentramento amministrativo e meno contenzioso. Ritiene sia possibile con due ddl che propone come collegati al bilancio: la legge quadro sul regionalismo differenziato (con i Lep – livelli essenziali delle prestazioni – per garantire a tutti eguali diritti), e un ddl per ridurre la conflittualità. Un quadro idilliaco. Che però non sembra condiviso dal governo nel suo complesso, il cui atteggiamento verso le autonomie appare oggi – finalmente - più deciso che nel recente passato. Il mondo raffigurato da Boccia si dissolve nei contrasti quotidiani, e inoltre la collaborazione-concertazione da lui vagheggiata, oltre a emarginare completamente il parlamento, è una notte in cui tutti i gatti sono neri. È impossibile conoscere gli interessi in gioco e le ragioni delle sintesi raggiunte. Nell’odg della Conferenza Stato-Regioni del 20 novembre si trovano quattro pareri e quattro intese, su temi anche rilevanti. Per chi non lo sapesse, l’intesa comporta una codecisione. Lo schema generale è che il governo propone, le Regioni valutano, eventualmente se d’accordo concedono l’intesa, che viene sancita con decreto del presidente del Consiglio dei ministri o decreto del ministro competente per materia. Ma chi, come, dove si decide? In base a quali elementi? Quali interessi vincono, e quali perdono? Non si sa. Si vede solo – successivamente, quando diventa pubblico - un atto finale, leggibile solo da occhi molto esperti. Questo è il meccanismo che ha creato negli anni una sanità di serie B nel Mezzogiorno. E che dovrebbe secondo Boccia condurre all’avanzamento del paese verso un nuovo livello di civiltà istituzionale. In esso si riverserebbe molto più che la salute. Nelle bozze di intesa sull’autonomia differenziata fin qui circolate c’è di tutto, dalla scuola alle infrastrutture strategiche, alla sanità, all’ambiente, al territorio, ai beni culturali e molto altro. Inoltre, non si chiedono solo banali autorizzazioni amministrative, ma il controllo di gangli essenziali del sistema paese, con annesse potestà legislative. Mentre i Lep trovano applicazione solo in alcune materie, e unicamente per la copertura finanziaria. Mai garantirebbero eguali diritti per tutti. Soprattutto, la legge quadro è tecnicamente inidonea ad arginare pulsioni di stampo separatista. È bene che non sia stata ancora presentata come ddl collegato, e – per quel che sappiamo – non sia stata nemmeno presentata in Consiglio dei ministri. Forse è il segnale di una corrente contraria, e c’è spazio per un ravvedimento operoso. Ci sono due modi di fare il ministro: essere la voce dell’interesse generale del paese nei confronti degli interessi particolari, o farsi catturare dagli interessi particolari e diventarne portavoce. È la scelta che Boccia deve fare, essere il ministro delle autonomie, o il lobbista delle autonomie.
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