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Il governo ridimensiona i “cacicchi”
di Massimo Villone da la Repubblica Napoli del 6/11/2020
Con il dpcm del 3 novembre da Palazzo Chigi è finalmente venuto un segno di esistenza in vita. Dall’inizio della fase 2 il turbinio di tavoli, conferenze, cabine, comitati, con annesso fiume di dpcm, decreti e ordinanze di varie autorità nonché conferenze stampa del premier, era aumentato fino a divenire marasma. L’oscar va al presidente della provincia di Bolzano Kompatscher, eletto per accordo Lega-SVP. il 29 ottobre dichiara che l’Alto Adige avrebbe seguito nel lockdown soft la linea della Germania e dell’Austria. La sì che ci sono governi che governano. Cosa è accaduto? Alla fine della fase 1, nell’illusione che la grande emergenza fosse terminata, tutti volevano con le riaperture ritagliarsi un pezzetto di gloria, magari elettoralmente pagante. I governatori parlavano con toni trionfali dei successi ottenuti. Il dilagare del virus ha dissolto le illusioni imponendo chiusure, e il clima è radicalmente cambiato. Chi sarebbe rimasto col cerino in mano? Con una sceneggiata degna di Eduardo, tutti volevano chiusure, purché decise da qualcun altro. Il premier voleva chiusure con ordinanze dei governatori e dei sindaci. Questi invece le volevano con misure decise a Roma, beninteso scritte sotto dettatura dei capetti locali. Qualcuno deve avere spiegato agli interessati che in tal caso su Palazzo Chigi sarebbero caduti tutti gli oneri, e nessun onore. Forse Conte ha voluto battere un colpo anche per ridurre la spinta a un rimpasto. Non era utile vivacchiare mendicando tolleranza di uno schieramento con quindici regioni del centrodestra, e qualche quinta colonna nel centrosinistra. Ed ecco finalmente un modello razionale di contrasto al coronavirus. Regole generali uguali per tutti, modulabili nelle aree gialla, arancione, rossa, con restrizioni crescenti rapportate al rischio pandemico. I territori entrano o escono da ciascuna area sulla base dei dati e di ventuno parametri oggettivi, essenzialmente fondati sulla diffusione del virus e sulla capacità di contrasto del sistema sanitario. Il ministro della Salute dispone l’inserimento in una delle tre aree, sentita la Regione. Possono poi essere allentate le restrizioni, sempre con decreto del ministro della Salute, d’intesa con la Regione. Qui la chiave di lettura è nella differenza tra parere e intesa. Con il primo il ministro deve assumere l’orientamento della Regione, ma non ne rimane vincolato. Quindi, decide il ministro. L’intesa presuppone invece un accordo. Essendo prevista solo per un allentamento di restrizioni, è presumibile che parta da una richiesta della Regione. Di fatto, è il ministro che concede l’intesa alla Regione. Ovviamente, alcune Regioni e sindaci hanno lamentato l’esautoramento per l’assegnazione non concordata a questa o quella fascia. Ma questo è esattamente il punto. Era inaccettabile che restrizioni anche gravi a diritti e libertà fossero rimessi a un negoziato tra esecutivi, con la pressoché totale emarginazione del parlamento, e con possibili discriminazioni tra diritti individuali e territori per le diversità nel regime applicabile e nella conseguente distribuzione delle risorse. Qualcuno poi contesta che i dati sono vecchi. Ma sono gli ultimi disponibili e vengono dalle Regioni, certificati insieme allo Stato. Se poi le Regioni non sono in grado di rilevare correttamente e tempestivamente i dati, indirizzino la critica innanzitutto al proprio interno. E se dovessero barare per uscire da una fascia di restrizioni maggiori, ne risponderebbero in ultimo ai propri cittadini. Sul punto, una piena trasparenza sui dati e sulle procedure di valutazione sarebbe necessaria e utile. La Campania suscita qualche meraviglia sulla stampa e sui social. Zona gialla, quando il contagio dilaga e dopo l’annuncio di tragedia imminente da parte di De Luca? Qui sono possibili più risposte. Si va dalla nota esuberanza da palcoscenico del governatore, alla possibilità che le sue ordinanze (a quanto si apprende confermate, ad esempio sulla scuola) consegnino in realtà la Campania a un giallo molto carico, quasi arancione. Potrebbe essere la quarta via della genialità meridionale. E tale ipotesi è stata già ieri confermata da De Luca per la scuola. È bene si chiuda una concertazione infinita che poteva solo tradursi in una conflittualità permanente. È stato un errore farla partire, perché in tempi di pandemia il fai da te di cacicchi locali era ovviamente un modello da evitare. Vorremmo vederne la fine anche su altri tavoli decisivi per il Paese, in primis quello dell’autonomia differenziata. Proprio la pandemia dovrebbe averci insegnato qualcosa.
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