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«Falso mito la riduzione dei costi. E molte aree senza rappresentanza»
di Massimo Villone dal Mattino del 16/9/2020
Massimo Villone, professore emerito di Diritto costituzionale nell'università degli Studi di Napoli "Federico II", è stato senatore dalla dodicesima alla quindicesima Legislatura (1994-2008). Professor Villone, perché votare No al Referendum? «Per i limiti evidenti di una riforma oggettivamente inadeguata e dagli effetti devastanti se non verranno introdotti dei correttivi. Del resto, se già in queste ore, prima ancora del voto referendario, si parla di possibili correttivi, vuol dire che tanto buona questa riforma allora non è». Però è stata approvata da un'ampia base parlamentare... «I Cinquestelle ne hanno fatto una questione dogmatica con il falso mito del taglio dei costi della politica». Non è così? «Un risparmio irrisorio: lo ha detto chiaramente Cottarelli e anche i sostenitori del Sì hanno dovuto ammetterlo: 56 milioni a fronte di 900 miliardi di spesa pubblica. Di che parliamo?». Se vince il Sì cosa succede lunedì sera? «Dipende da se vince e come vince. Una vittoria del Sì con un margine risicato sarebbe un ulteriore colpo all'asse di governo visto che M5s e anche Pd si sono esposti ufficialmente su questo referendum. Insomma: se la vittoria dei sostenitori della riforma non sarà ampia ed evidente, sarà comunque una mezza sconfitta». Che cosa non la convince nel merito? «Tre presunti aspetti che dovrebbero giocare a favore del cosiddetto taglio dei parlamentari: l'efficienza, la rappresentatività, la teoria della scossa». Ci spieghi... «L'efficienza. Dicono che con meno parlamentari si lavori meglio. E falso, perché a paralizzare i lavori in Parlamento non è il numero di deputati e senatori ma la litigiosità dei partiti di maggioranza. E poi: con un numero ridotto di parlamentari sarà complicatissimo far funzionare le commissioni. Quanto alla rappresentatività, è fin troppo evidente che varie Regioni, come Basilicata, Friuli, Liguria, vedrebbero drasticamente ridotta la propria rappresentanza in Parlamento. E anche se si ridisegnassero i collegi su base macro-regionale, poniamo il caso, sarà molto difficile per un esponente politico originario della Basilicata farsi eleggere in un collegio molto più ampio che abbraccia anche la Puglia». E la teoria della scossa? «I sostenitori del Sì ritengono che la riforma possa,imprimere una scossa per ulteriori riforme. Ma quali? Con quali assetti? Sento parlare di regionalismo differenziato, riforme in chiave presidenzialista, riforma della legge elettorale su base proporzionale. Insomma, non vorrei che invece di "scossa", si arrivasse allo "scasso" dell'architettura costituzionale con all'orizzonte anche un cambio di maggioranza politico-parlamentare. Del resto, se vincesse il Sì, un istante dopo molti direbbero che questo Parlamento pletorico è ormai delegittimato».
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