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Villone "Per il costo di un caffè all'anno si ammutoliscono gli italiani"
di Liana Milella da la Repubblica del 25/8/2020
Questo è un taglio che per un caffè all'anno toglie la parola ai cittadini». Dice così Massimo Villone, presidente del Comitato per il no al referendum. Lei è stato senatore del Pds prima e dei Ds poi, dal 1994 al 2008, 14 anni che la rendono un osservatore privilegiato della vita parlamentare. Il suo no di oggi è più politico da ex parlamentare o più giuridico da costltuzionalista? «Il mio è un no che nasce da entrambe le esperienze perché l'essere costituzionalista mi dà consapevolezza della strumentazione tecnica del lavoro parlamentare, mentre l'essere stato senatore mi ha fatto conoscere i modi dell'effettivo funzionamento dell'istituzione». E la sua idea oggi è che le Camere dopo il taglio, si troverebbero in difficoltà? «Non è una questione di numeri. Che il Parlamento funzioni o no non dipende dalla quantità dei parlamentari e in verità neppure dalle regole del lavoro delle Camere. Per capirci, non è possibile, ad esempio, che l'ostruzionismo dell'opposizione impedisca al Parlamento di decidere, perché tecnicamente all'ostruzionismo, in base alle regole; si può rispondere in modo efficace .... ». Lei sta dicendo una cosa diversa da molto sostenitori del no sulla questione del numero. «Le Camere non funzionano quando la maggioranza litiga. La ragione vera della mancanza di efficienza sta nella litigiosità della maggioranza che non trova la sintesi politica, per cui una legge non riesce a diventare tale. Per capirci, le cito la questione Mes, che una parte della maggioranza vuole a tutti i costi, e un altro pezzo no. Ma il taglio dei parlamentari non si può ridurre a una questione di numeri, ma tocca la rappresentatività stessa dell'istituzione parlamentare, cioè la ragione per cui il Parlamento esiste». Si riferisce, per esempio, al fatto che con pochi parlamentari potrebbero arrivare a Roma meno esponenti delle Regioni e soprattutto un minor numero di forze politiche? «Certamente si, perché se la legge passa il Paese sarebbe rappresentato a macchia di leopardo ... ». Leopardo? «Perché in molte Regioni piccole e medie andrebbero soprattutto in Senato due, forse tre forze politiche, lasciando senza voce un'ampia percentuale, stimabile anche fino al 15 o 20% del corpo elettorale. Con l'inevitabile conseguenza di un disallineamento con la Camera dove le stesse forze, invece, riuscirebbero ad avere una congrua rappresentanza» . Quindi la pensa come chi, nel Pd, ad esempio Zanda, sostiene che bisogna votare no, visto che M55 non ha mantenuto la promessa di accompagnare il taglio con le altre riforme? «I correttivi avrebbero ridotto il danno della rappresentanza, senza però eliminarlo del tutto. La prova, per esempio, sta nel fatto che la proposta di Giuseppe Brescia (presidente della commissione Affari costituzionali della Camera ed esponente MSS, ndr.) sulla nuova legge elettorale inserisce il sistema proporzionale, ma lascia il voto bloccato. Il che significa che i parlamentari continueranno a non essere scelti dagli elettori ma dalle oligarcnie di partito che avranno il compito facilitato dal fatto che sono di meno. E, come accade dal 2006, in questo modo continueremo ad avere un Parlamento di nominati che non rappresenta gli elettori ed è la causa prima della dequalificazione del Parlamento in carica. Ma non basta». Non dica che serve anche una riforma costituzionale ... «Certamente sì, perché bisognerebbe abolire la base elettorale regionale per il Senato, che può essere fatta solo con legge costituzionale, e che comunque lascerebbe aperto il problema di collegi pluriregionali in cui le forze politiche minori non riuscirebbero proprio a fare campagna elettorale, lasciando parimenti senza voce una parte importante del popolo italiano». Lo sa però che molti di quelli che voteranno sl lo faranno contro un Parlamento descritto ormai da molti anni come assenteista, poco preparato, ingiustamente super pagato e rimborsato? «Innanzitutto oggi c'è più bisogno di rappresentanza parlamentare perché non esiste più l'organizzazione territoriale dei partiti che taceva da tramite delle istanze della base. Il cittadino elettore, sul suo territorio, non ha più un punto di riferimento, gli resta solo il parlamentare. Tagliarlo, ridurne il numero, significa di conseguenza imbavagliare i cittadini e ridurre il governo della cosa pubblica alle oligarchie che comandano».
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