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I candidati e la spesa dei fondi Ue per il Sud
di Massimo Villone da la Repubblica Napoli del 3/8/2020
L'Italia è uno strano paese. Da un lato si vogliono tagliare gli eletti. Dall’altro crescono a dismisura i candidati, tanto da rendere necessario uno sfoltimento forzoso delle troppe liste a sostegno di De Luca. Siamo solidali con il governatore: tagliare un candidato è come perdere una goccia di sangue. Ma dovrebbe occuparsi di cose più serie. Le elenchiamo in cinque punti. Primo. Sono in arrivo risorse ingenti dall’Europa. Sono una tantum, disponibili ora nel quadro di regole europee meno stringenti a causa della crisi Covid. Ma le regole stringenti torneranno, e per una parte le risorse sono debiti che dovranno essere restituiti. È certa una nuova stagione di rigore e di contenimento della spesa per rientrare da un debito pubblico che – secondo le stime – potrà raggiungere o superare il 160% del Pil. Quindi viviamo oggi una opportunità unica di rilanciare il Sud e almeno ridurre il divario con il Nord. Non avremo un’altra occasione. Secondo. Lo scontro sulle risorse è già in atto, al momento nel Ciae(Comitato interministeriale per gli affari europei), di cui sono membri il premier, il ministro dell’Economia e quello degli Affari esteri. Partecipano poi ratione materiae gli altri ministri, nonché il presidente della Conferenza Stato-Regioni per le questioni che riguardano tutte le regioni, o singoli governatori, e rappresentanti dei comuni. Per regolamento, lo stesso Comitato stabilisce di volta in volta le forme di pubblicità. Dobbiamo preoccuparci, visto che Palazzo Chigi preferisce l’oscurità. Lo prova il ricorso al Consiglio di Stato contro la decisione del Tar di rendere pubblici i verbali del Comitato tecnico-scientifico della Protezione civile in fase di lockdown. Ora, si profila ancora un modello che non garantisce trasparenza e marginalizza il Parlamento. Terzo. La concertazione Stato-autonomie ha favorito l’accrescersi del divario Nord-Sud, soprattutto per l’egemonia del Nord nella Conferenza Stato-Regioni determinata sia dall’ignavia e incapacità del ceto politico meridionale, sia dalla migliore preparazione tecnico-amministrativa e maggiore capacità progettuale e di spesa delle regioni del Nord. Ne è venuto un flusso di risorse pubbliche orientato in danno del Mezzogiorno, per un ammontare – secondo un’analisi – di centinaia di miliardi di euro negli anni. Risorse cui il Sud avrebbe avuto titolo in base alla popolazione, formate con le tasse pagate anche dai cittadini del Sud, e che sono state dirottate al Nord. Ora viene anche bene evidenziato che i fondi Ue per l’Italia, parametrati su abitanti, ricchezza e disoccupazione, sono commisurati in larga parte al ritardo del Sud. Senza il Sud, il Recovery Fund destinato all’Italia sarebbe poca cosa. Quarto. A quanto si apprende, nella prima riunione del Ciae Bonaccini avrebbe difeso l’assetto esistente, chiedendo sia la concertazione con le regioni delle scelte sul Recovery fund, sia il rispetto dei criteri per la distribuzione del fondo sanitario, che notoriamente sono in danno del Mezzogiorno, ancor più nella recente formulazione. È recidivo, perché è lo stesso Bonaccini che per la sua autonomia differenziata affermava di non volere un euro in più, dimenticando la sperequazione in danno del Sud della spesa storica. È lo stesso Bonaccini che ha chiesto di privilegiare la ri-partenza del Nord (La Stampa, 5 luglio). E che maldestramente ha cercato di smussare questa posizione, inaccettabile per un presidente della Conferenza Stato-Regioni (Il Mattino, 26 luglio). Il modello di governance che si avvia sui fondi europei non promette nulla di buono per il Sud. Quinto. La crisi economica colpirà il Sud con particolare violenza. Acquisire una giusta quota delle risorse Ue significherà sostenere le condizioni di vita per milioni di donne e di uomini, difendere centinaia di migliaia di posti di lavoro, dare sostanza reale all’astratto principio di eguali diritti per tutti. Chi governa deve reggere da subito la pressione del Nord. È fondamentale attrezzarsi tecnicamente per reggere lo scontro, chiedere una corretta governance per i fondi, favorire un trasparente e visibile percorso parlamentare. Chi si candida a governare deve dirci cosa e come vuol fare. Lo stesso vale per i candidati consiglieri, pochi o molti che siano. Il tema della distribuzione delle risorse deve essere al centro della campagna elettorale. Chi metterà la scheda nell’urna dovrà consentire solo a chi ha studiato e dà le risposte giuste di superare l’esame e meritare il voto. Per rappresentanti e rappresentati è l’ultima occasione. Ora, o mai più.
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