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Regionali, cosa chiede la Campania
di Massimo Villone da la Repubblica Napoli del 30/7/2020
Con la discesa in campo delle due sinistre di Terra e Potere al popolo si va completando il quadro per il prossimo voto regionale in Campania. Si consolida anche lo shopping a tutto campo del governatore De Luca. Il Covid-19 è stato per lui un’occasione fortunata. Per mesi è stato in palcoscenico da mattatore, costruendo un vantaggio competitivo. Ragione non ultima di conversioni e cambi di casacca. Che sia un calcolo giusto o sbagliato per De Luca e i suoi fan dell’ultima ora lo diranno gli elettori a settembre. Intanto, i temi veri di campagna elettorale sono imposti dai fatti. Anzitutto, la sanità. Il Covid-19 ci accompagnerà certamente fino al voto e oltre. De Luca si è già impadronito del tema quando ha notificato ai parlamentari Pd nella conferenza programmatica di Napoli una guerra termonucleare se non verrà sanato il deficit di finanziamento nella sanità campana. Che è certamente sotto-finanziata da anni, con un pesante gap nelle infrastrutture e nel personale, e un costoso pizzo da pagare per turismo sanitario verso regioni più favorite. Quindi De Luca ha ragione a minacciare. Peccato dimentichi che non sono stati i parlamentari a creare il problema, maturato invece essenzialmente nelle conferenze Stato-Regioni, sede di concertazione tra esecutivi in cui sono decisivi i governatori. Il problema nasce anche per l’incapacità e l’ignavia del ceto politico regionale campano e meridionale. Ci dica De Luca come, dove e quando vuole scatenare la guerra per sanare una situazione che il Covid-19 rende non più sostenibile. E come vuole riorganizzare la sanità per essere preparati alla prossima pandemia. Le stesse domande valgono per tutti i candidati. Un secondo tema: l’università. Tutti concordano nel ritenere le università uno strumento essenziale per rilanciare il Mezzogiorno, invertendo le tendenze negative e il crescente ritardo. Il Censis ha pubblicato (8 luglio) un’ennesima classifica con gli atenei meridionali nelle posizioni di coda. È seguita una breve fiammata polemica, in cui l’argomento principale è stato che le classifiche sono sbagliate perché costruite su criteri che non attengono alla qualità della didattica e della ricerca, ma al contesto, dalla disponibilità di servizi all’occupabilità. Qualcuno si è spinto a citare la cosiddetta classifica di Shangai, fatta in modo più corretto. Tutto giusto, e da tempo noto. Ma il problema è che le classifiche, pur sbagliate, determinano premialità e finanziamenti. E che quindi in prospettiva gli atenei meridionali continueranno ad essere sottofinanziati, e ne risulterà confermata l’emorragia di studenti verso gli atenei del nord più favoriti. Un elemento decisivo nella progressiva desertificazione del Sud. Cosa si pensa di fare? In tempi di stati generali, perché non chiamare intorno a un tavolo gli atenei campani o anche di tutto il meridione, per metterne a fuoco e quantificare i bisogni, creare un fronte compatto, formulare sinergie con le forze sociali e imprenditoriali? Bisogna affermare con forza che gli atenei non sono un tema solo accademico, da declinare in posti in organico e borse di dottorato. Sono un cardine della coesione sociale e territoriale del paese. Un terzo tema: i trasporti. Questo giornale ha riferito delle difficoltà che hanno strangolato in Campania i primi timidi tentativi di normalità. Ottavio Ragone (su Repubblica Napoli del 13 luglio), raccontando di chi cercava invano di arrivare al mare con i treni locali e veniva rimandato indietro dalla forza pubblica, da cani ringhiosi e da sindaci guardiani del territorio, ha dimostrato come la tutela della salute possa paradossalmente tradursi in discriminazione classista, basata sul censo. Questa è la Campania, e il paese, che non vogliamo. Un paese in cui l’esito della crisi è la crescita delle diseguaglianze. Che si intende fare, come, quando? Altri temi ancora sono all’attenzione, come la scuola, l’ambiente, la gestione del territorio, le zone speciali, le reti, il digital divide. Ne parleremo. Una cosa è certa. Avremo poche risorse, forse meno di quel che speravamo dall’Europa, e poco tempo. Si potrà fare quel che si riesce a far entrare nel Recovery Plan in via di gestazione, con le risorse al momento concretamente disponibili. Cosa verrà dopo, è difficile oggi prevedere. La campagna elettorale deve indicare cosa vuole la Campania, anche come parte essenziale del Mezzogiorno. Da cittadino della Repubblica aspetto dalle forze politiche – tutte – parole di concretezza. Il resto – dagli insulti goliardici tra i leader all’avvio della rivoluzione globale – lo rinviamo alla prossima pandemia.
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