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Fondi Ue e livello delle prestazioni i silenzi del Pd e i rischi per il Sud
di Massimo Villone da la Repubblica Napoli del 26/7/2020
In una intervista al Messaggero del 24 luglio il ministro Francesco Boccia riporta nell’agenda del Paese e del governo la questione meridionale, da affrontare con le risorse in arrivo dall’Europa, i Lep (livelli essenziali delle prestazioni), e l’autonomia differenziata. È positivo il linguaggio più netto di quello cui ci aveva abituato. Ma c’è sostanza, oltre che forma? I diritti prima dei vincoli di bilancio, ha detto il ministro. Ed è giusto. Ma i vincoli torneranno. Mentre i fondi europei sono risorse una tantum, e anzi per una quota saranno debiti da pagare. Il divario Nord-Sud si può temperare nell’immediato con risorse una tantum, ma richiede in prospettiva un riaggiustamento strutturale e permanente nella distribuzione territoriale delle risorse pubbliche. Ad esempio, si possono recuperare con i fondi europei le debolezze della sanità meridionale, ma se non si cambiano i criteri di riparto del fondo sanitario nazionale che penalizzano il Mezzogiorno e hanno generato il divario il gap tornerà a crescere. Inoltre, le risorse europee – salvo il Mes, subito disponibile qualora richiesto - arriveranno tra qualche tempo. Che succede, oggi? Preoccupa il noto e chiacchierato articolo 47 del decreto-legge 76/2020 (decreto-legge semplificazione), che apre alla possibilità di riorientare risorse destinate al Mezzogiorno verso l’emergenza nazionale. Non è detto che accada. Ma dobbiamo preoccuparci dei rumors sulle difficoltà di cassa? In soldoni, dobbiamo temere che le risorse in ipotesi destinate al Mezzogiorno alla fine servano a pagare stipendi e pensioni? Forse non è fanta-finanza pubblica se si sbarra la porta al Mes. E M5S sembra inconsapevole degli effetti collaterali possibili in danno del Sud del muro alzato contro il Mes. Quanto ai Lep (livelli essenziali delle prestazioni), bisogna smetterla con l’equivoco che portino a un’Italia di diritti eguali per tutti. Sono quel che dicono di essere: una argine all’eccesso di diseguaglianza (solo) in alcune materie. Tutto dipende dal dove si colloca l’asticella sotto la quale si prescrive uniformità, e sopra la quale si consente la diversità. Ad esempio, se gli asili nido fossero in area Lep (attualmente non sono compresi) stabilire un livello essenziale potrebbe dare a Reggio Calabria qualche posto in asilo nido in più rispetto alle zero attuale. Ma il divario rispetto ai tantissimi posti già disponibili a Reggio Emilia rimarrebbe enorme. Lo stesso vale per i posti letto in ospedale, le terapie intensive, gli spazi per studente, il tempo pieno e la refezione scolastica, le borse di studio, i chilometri di strade e ferrovie e ogni altra cosa si voglia portare in area Lep. Boccia propone di togliere le materie Lep - sanità, organizzazione della scuola, trasporto pubblico locale e assistenza - dal tavolo dell’autonomia differenziata, decentrando il resto “presto e il più possibile”. Ma già i governatori hanno alzato muri sulla sanità, strumento per loro essenziale di gestione del consenso, che non intendono affatto mollare. Inoltre, nelle materie Lep, rimane in piedi il problema di un generale riaggiustamento nella distribuzione territoriale delle risorse, se si vuole attaccare davvero l’eccesso di diseguaglianze. Infine, le bulimiche richieste regionali di autonomia differenziata vanno ben oltre le materie Lep. Andranno regionalizzati “presto e il più possibile” autostrade, ferrovie, porti, aeroporti, ambiente, beni culturali e quant’altro? E il demanio statale lo spezzettiamo? L’isola dei Lep non ci difende affatto dall’Italia delle repubblichette. Qui non serve il buonismo solidaristico gradito a Boccia. Dobbiamo ricordare che la faglia sociale ed economica che oggi spacca il Paese è maturata negli anni proprio in quella Conferenza Stato-Regioni e nella concertazione tra esecutivi che è alla base del Boccia-pensiero. È oggi evidente che le regioni del Nord convergono in una forte pressione sulle risorse europee in arrivo. Il mantra è che la locomotiva del Nord deve ripartire, subito. Il resto del Paese seguirà. Che lo dicesse Zaia potevamo aspettarcelo. Ma ora lo dice anche Bonaccini, sulla Stampa del 5 luglio: “la parte del Paese che produce più della metà del Pil, ha bisogno di ripartire subito”. Il Sud può aspettare. E il Pd deve rappresentare di più le istanze del Nord. È preoccupante, per un governatore dell’Emilia-Romagna, presidente della Conferenza Stato-Regioni, e forse aspirante alla poltrona di segretario Pd. Il partito campano tace fragorosamente. Se poi De Luca convertisse su Bonaccini qualche battuta preparata per Salvini la sorpresa sarebbe tale da valere anche un po’ di voti nell’urna.
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