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Il futuro dell’Italia è scritto nella Costituzione
di Massimo Villone dal Manifesto del 23/7/2020
Si è chiusa la partita europea con un buon risultato per l’Italia, e un punto a favore della maggioranza e del governo. Che sia stato per l’Europa un momento degno di menzione nei libri di storia lo certificherà il tempo. Dire che basti a blindare premier e governo per la legislatura sarebbe eccessivo. Palazzo Chigi ha evitato nuovi e pericolosi scogli, ma quelli noti rimangono, come ad esempio il Mes, le presidenze di commissione, o la legge elettorale con la conversione di Renzi al maggioritario. Fin qui, nulla che possa meravigliare. Nemmeno sorprende che Di Maio su Repubblica tenga a puntualizzare che se Conte volesse la leadership M5S dovrebbe anzitutto iscriversi al Movimento. Una condizione che mai sarebbe nell’interesse di Conte soddisfare. Ma ora si avvicina il vero punto politico di fondo: come, quando e dove si distribuiranno le risorse del dopo Covid? La stampa portavoce del separatismo nordista ha già aperto il fuoco. Il Giornale del 22 luglio titola riferendosi alla Lombardia su «54 miliardi devoluti allo Stato, ma ora i soldi servono qui». È il famigerato residuo fiscale. Mentre Libero titola «Il Mezzogiorno prenota i soldi dell’Europa». E fa una rassegna delle prese di posizione che nelle regioni del Sud hanno sottolineato l’importanza di rivolgere i fondi europei anche alla riduzione dei divari territoriali. Potremmo non preoccuparcene, conoscendo quei giornali. Ma il 5 luglio leggiamo sulla Stampa una intervista di Bonaccini. Dice: «Oggi il Pd deve avere una chiara identità riformista, rappresentando ancor di più – lo dico per la mia esperienza territoriale – le istanze del Nord del Paese. Io non ho dubbi che senza il Mezzogiorno questo è un Paese senza un grande futuro. Però in questo momento drammatico, la parte del Paese che produce più della metà del Pil ha bisogno di ripartire subito». Concetto davvero singolare, che ci sia una parte del paese che può permettersi di ripartire più tardi. Magari ritrovando più tardi un posto di lavoro, o uscendo più tardi dalla clandestinità di un lavoro in nero, o pagando più tardi un mutuo o un affitto, o rialzando più tardi la serranda di un esercizio commerciale. Come se quella parte di paese non fosse la casa di milioni di donne e di uomini che hanno gli stessi bisogni e – non dimentichiamolo – gli stessi diritti di chiunque altro in qualunque territorio. Forse le parole di Bonaccini sono una frase occasionale e poco misurata, sfortunata perché lo rende un clone un po’ sbiadito di Zaia. Ma oltre ad essere governatore dell’Emilia-Romagna, è anche presidente della conferenza Stato-Regioni. Ed è singolarmente inappropriato che in tale carica esprima un orientamento sfavorevole a una parte delle istituzioni che quel collegio compongono. E si presenta, ancora, come il possibile uomo forte del Pd. Se dovesse Zingaretti orientarsi verso il governo nella prospettiva di un rimpasto di cui talvolta si sussurra, si troverebbe in una ristretta rosa di candidati alla segreteria del partito. Ed è inappropriato che auspichi un Pd volto a rappresentare più e meglio le istanze del Nord. Il nodo politico è ineludibile. L’occasione per il cambiamento c’è. Ma come si vuole orientare? Puntare verso l’eguaglianza, o insistere sulle diseguaglianze, rese ancor più evidenti dalla crisi Covid? In particolare, si vuole recuperare l’obiettivo di superare il divario Nord-Sud, rimettendo in moto il secondo motore del paese, anche con l’obiettivo di una nuova centralità nella prospettiva euro-mediterranea, o si vuole riprendere il disegno politico della locomotiva del Nord, pur subalterna nelle catene di valore dell’Europa dei più forti? Questo interrogativo segnerà le scelte che si faranno con il Recovery Plan, e non può scioglierlo la task force preannunciata da Conte. Il premier non ha detto nulla di significativo sul punto nella sua informativa al Senato. E rimane al tavolo di ogni scelta il convitato di pietra dell’autonomia differenziata, che Boccia in Veneto ha detto di voler accelerare portando la discussione in Parlamento già a settembre. Un tassello cruciale del pensiero politico di una vasta maggioranza dell’Assemblea Costituente era dato da eguali diritti per ogni donna o uomo ovunque nel paese. Il superamento del divario Nord-Sud ne era certo strumento. Per questo il futuro dell’Italia è nel suo passato. Nel ritrovare la Costituzione.
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