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Le carte del governo che il parlamento dovrebbe scoprire
di Massimo Villone dal Manifesto del 23/4/2020
Nella informativa di Conte alle camere una frase colpisce l’attenzione: aver avuto la “massima premura” nell’assicurare “che i diversi organi costituzionali, ciascuno espressione di irrinunciabili garanzie, fossero coinvolti nella misura più ampia possibile e, soprattutto, a tutela del principio supremo di democraticità che informa di sé l’intero ordinamento giuridico”. Benissimo. Ma è vero? Solo i pochi decreti-legge via via adottati possono essere ricondotti alle parole di Conte, non il torrente di dpcm, di ordinanze, circolari, chiarimenti e quant’altro di ministri, governatori, sindaci, protezione civile e commissari assortiti, che in concreto limitano pesantemente libertà e diritti costituzionalmente protetti. Un dibattito parlamentare avrebbe potuto e potrebbe far luce su punti essenziali. Il primo è l’incertezza sui dati. Non sappiamo, ad esempio, quanti sono gli asintomatici o paucisintomatici, o quante morti siano dovute a un contagio non rilevato. Forse, la prima vera e affidabile conoscenza l’avremo solo con l’indagine statistica a campione che – ha annunciato Conte – è ai nastri di partenza. Ma per l’esito aspetteremo molte settimane. Intanto, quale significato possono mai avere i principi di precauzione e proporzionalità che Conte, da buon giurista, ha richiamato per le limitazioni a libertà e diritti, se i dati che ne sarebbero il presupposto sono inaffidabili? Che senso ha parlare di una “curva del contagio”? Come si potrà disegnare una strategia di ri-partenza razionale e non sollecitata da questa o quella lobby? Su quali dati si fonda la proposta della task force di Colau? Il secondo è l’incertezza sugli strumenti, come l’app sul tracciamento, che sarà volontaria, e potrebbe alla fine tradursi in un’arma di distrazione di massa. Si discute molto di privacy, ed è giusto. Ma intanto l’app dovrebbe essere utilizzata da almeno il 60% della popolazione. E il digital divide? E le famiglie in cui c’è un solo smartphone, o nessuno? E come assicurare che ognuno scarichi l’app, porti lo smartphone sempre con sé, faccia le prescritte comunicazioni? Quid juris per chi non è consapevole di essere contagiato e contagioso? A precauzione e proporzionalità si aggiunge la razionalità, intesa come idoneità rispetto al fine. È bene che Conte abbia escluso “limitazioni o altri pregiudizi” per chi non la scaricherà. Ma è singolare che in specie per l’app Conte affermi che il “coinvolgimento del Parlamento deve essere pieno e stringente, essendo coinvolti diritti costituzionali fondamentali”. E tutto il resto? Il terzo è la babele istituzionale. Monta la conflittualità – e la competizione – tra governo e regioni, governatori, sindaci. Dilagano risposte locali fai da te. De Luca minaccia di blindare la Campania, in palese violazione della Costituzione. Si parla di riaccentrare la sanità, con immediato allarme dei governatori. (Bonaccini, Fatto quotidiano, 6 aprile; Zaia, Corriere della sera, 20 aprile). Emerge un’esigenza di par condicio territoriale, forse a rischio con una ri-partenza legata alla – diseguale – ricettività delle strutture sanitarie. Preoccupa che a Palazzo Chigi circoli la proposta di sospendere il vincolo del 34% della spesa in conto capitale della PA per il Mezzogiorno. Il virus come occasione di un ennesimo attacco all’unità del paese? È inaccettabile che si decida in cabine di regia prive di trasparenza, mentre in parlamento si tace. Infine, si pensa davvero a una quarantena speciale e più lunga per gli anziani? È incostituzionale. Certo, si può sostenere che gli anziani sono in una condizione diversa, che giustifica trattamenti differenziati. Ma la condizione diversa viene non dall’età in sé, quanto piuttosto dalla salute più precaria. Allora bisognerebbe insieme agli anziani e a prescindere dall’età mantenere ai simil-arresti domiciliari cardiopatici, diabetici, bronchitici cronici, immunodepressi, oncologici e altri ancora. Si discute molto – mai in parlamento – delle lezioni che vengono dalla crisi. Una la vogliamo sottolineare. Se i governatori avessero avuto poteri su strade, autostrade, porti, aeroporti, ferrovie, come alcuni vorrebbero ai sensi dell’art. 116 Cost., qualche blindatura di confini regionali l’avremmo forse vista davvero. Quindi speriamo che nel cimitero del Covid-19 possa riposare in pace il regionalismo differenziato fin qui conosciuto. Amen.
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