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De Luca non può “blindare” la Campania
di Massimo Villone da la Repubblica Napoli del 20/4/2020
Il presidente De Luca ci informa che se le regioni assediate dal virus tenteranno fughe in avanti, la Campania chiuderà i suoi confini, vietando l’ingresso ai loro cittadini. Non può. Un governatore non ha il potere di blindare il “suo” territorio. I costituenti certo non pensavano a governatori sceriffi. Ma molti di loro avevano studi ed esperienza, e scrissero l’articolo 120. Al primo comma recita: “La Regione non può … adottare provvedimenti che ostacolino in qualsiasi modo la libera circolazione delle persone e delle cose tra le Regioni, né limitare l’esercizio del diritto al lavoro in qualunque parte del territorio nazionale”. È un divieto senza se e senza ma. Limiti sono consentiti dall’art. 16, per cui “Ogni cittadino può circolare e soggiornare liberamente in qualsiasi parte del territorio nazionale, salvo le limitazioni che la legge stabilisce in via generale per motivi di sanità o di sicurezza”. La crisi da virus rientra nella previsione. Ma la lettura congiunta degli artt. 16 e 120 dice che lo strumento normativo appropriato è statale, non regionale. Le ordinanze regionali e locali richiamano l’art. 32 della l. 833/1978 e l’art. 50 del Tuel (testo unico enti locali), che le prevedono. Ma sono norme volte a una prospettiva strettamente locale: una strada che sprofonda per il sindaco, un fiume che rompe gli argini per il presidente della regione. Non sono pensate per un contesto che per definizione tocca tutto il paese. Nemmeno i decreti-legge via via adottati potrebbero mutarne la natura, perché andrebbero comunque letti secundum constitutionem, guardando agli artt. 16 e 120, e a pena di incostituzionalità. Lo stesso art. 120 chiude il discorso prevedendo un potere sostitutivo del governo, certo attivabile nei confronti di governatori e sindaci. Capiamo che De Luca sia irritato con i Fontana, Zaia & co., che smaniano. Ripartire sarà comunque un processo lento, e non privo di rischi per la salute pubblica se si forza la mano. Si aggiunge un problema, che nella fase 2 viene in chiaro, di par condicio territoriale. Ad esempio, riaprire le spiagge prima in alcune regioni le avvantaggerà nell’attrarre i flussi turistici nel momento in cui ripartiranno. La spiaggia porterà con sé alberghi, ristoranti, commercio. Parallelamente, riaprire fabbriche, negozi, studi professionali farà nascere la richiesta di potenziare il trasporto pubblico per mantenere il distanziamento sociale. E quindi chi parte prima porrà con anticipo i propri bisogni sulla bilancia dei fondi disponibili. Una partenza differenziata per tempi e tipologie incide sugli equilibri socio-economici tra i territori. Lo Stato non solo può, ma deve preoccuparsene. L’art. 117, co 2, lett. e), affida alla potestà legislativa esclusiva dello Stato la ”tutela della concorrenza”. Ed è esattamente un problema di concorrenza che si pone, in termini fino a ieri probabilmente impensabili, ma oggi concretamente davanti a noi. Termini tali da condizionare anche il progetto di paese che vogliamo far uscire dalla crisi, e che riguardano direttamente il Mezzogiorno, già candidato a subire un più grave impatto. Lo dicono la Svimez nel rapporto del 9 aprile di cui ho già riferito, e studiosi attenti come Viesti (Economiaepolitica, 2 aprile). Vale anche qui il richiamo ai poteri sostitutivi del governo. De Luca ha buone ragioni, per la Campania e tutto il Sud. Ma non può farle valere giocando allo sceriffo, e solo sul profilo sanitario. Deve farle pesare con le altre regioni e nel turbinio di comitati, commissari, esperti e task force che Palazzo Chigi ha messo in piedi. Per dirne una, difenda i fondi di coesione per il Sud, e la regola del 34%, che qualcuno vorrebbe sospendere. La smetta con il folklore, e faccia politica, quella vera. Crescono la sensazione di un esecutivo incerto e incapace di prendere la testa del corteo, e il timore che in rapporto ai territori sia subalterno ai forti, e sordo verso i deboli. Non basta che Palazzo Chigi denunci il caos e la confusione. Ha i poteri per sedare la rissa e formulare una strategia. È esecrabile che il diritto di tutti alla salute e alla vita diventi posta di miserabili partite sull’esecutivo, o sulle prospettive elettorali di questo o di quello. Ma corrisponde alla miserabile statura del ceto politico. Quanto a Fontana, dichiara baldanzosamente di non aver commesso alcun errore. Ci fa piacere per lui, e stia dunque sereno. Certo, se non commettendone ha messo a terra quasi 12000 bare, ci preoccuperemmo molto per gli amici lombardi il giorno in cui ammettesse di aver sbagliato qualcosa.
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