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Difendiamo le ragioni del Sud
di Massimo Villone da la Repubblica Napoli del 11/4/2020
Il rapporto Svimez del 9 aprile su “L’impatto economico e sociale del covid-19: Mezzogiorno e Centro-nord” ci dice con la fredda oggettività delle cifre che il paese sarà colpito duramente. In particolare il Mezzogiorno nei possibili scenari futuri. Sotto il profilo sanitario l’emergenza nel Meridione è stata fin qui minore, e si può sperare in una evoluzione positiva. Ma altro è il discorso per quanto riguarda l’emergenza socio-economica in atto, e il suo superamento. Ad esempio, si cita nel Rapporto una probabilità di default delle imprese meridionali quattro volte maggiore rispetto al resto del Paese. Si sottolinea che la maggiore fragilità e precarietà del mercato del lavoro meridionale rende più difficile assicurare una tutela a tutti i lavoratori, precari, temporanei, intermittenti o in nero, con impatti rilevanti sulla tenuta sociale. Si citano in specie i 500000 disoccupati in cerca di prima occupazione che nel Sud per effetto della crisi presumibilmente non potranno accedere al mercato del lavoro nei prossimi mesi. Una chiave di lettura generale del rapporto è che il Mezzogiorno non ha mai pienamente recuperato il terreno perduto nei precedenti anni di crisi, e si presenta oggi con una base produttiva post recessione del 2009 comparativamente ridotta. Quindi, «la strada da percorrere è più lunga. Se non si affronta, in termini ugualmente rapidi come nell’emergenza, il post-crisi in termini di ricostruire nel Sud una base produttiva che rispetto alla popolazione già adesso è insufficiente, e rischia di divenirlo ancora di più, la spaccatura tra le due Italie appare destinata ad allargarsi». Ecco il nodo. Le crisi si succedono e si legano in un continuum con perversa sinergia. Con il rischio concreto che l’attenzione prioritaria accordata alle regioni “motore produttivo del Paese” si traduca in una riedizione in termini nuovi della locomotiva del Nord assunta a totem del regionalismo differenziato. Confermando l’inaccettabile luogo comune del Sud come vagone più lento che è nell’interesse del paese staccare. Le ragioni del Sud non devono scomparire nell’emergenza, se non si vuole accrescere un divario strutturale con il Nord ancor meno recuperabile. Già si è parlato e si parla di riprogrammare i fondi per la coesione territoriale – in prevalenza già destinati al Sud - per far fronte all’emergenza nel Nord. Bisogna distinguere. Una cosa è la solidarietà, doverosa, quando è in gioco la vita. Altra cosa sono le politiche di contrasto alla emergenza socio-economica, Qui la parola non è solidarietà, ma sintesi di interessi. Un obiettivo che la politica non deve perdere di vista. Un esempio si trova nella risposta al lockdown della scuola con la didattica a distanza. Questo giornale riferisce che molte famiglie non dispongono dell’accesso alla rete o di un tablet. L’innovazione può in tal caso accrescere la diseguaglianza, piuttosto che il contrario. Ed è nel Sud che troviamo le più gravi carenze nella rete e le peggiori condizioni socio-economiche delle famiglie. Rafforzare il contesto è premessa necessaria per l’efficacia della didattica online. Lo stesso può dirsi della sanità. Le statistiche del contagio sono migliori nel Sud, ma si è resa evidente la drammatica debolezza strutturale della sanità meridionale. Che non si supera con il primato di un ospedale come il Cotugno, in cui nemmeno un operatore sanitario è stato infettato, ma con i necessari interventi infrastrutturali. Per la scuola, la sanità e ogni altro settore bisogna evitare che la risposta all’emergenza faccia dimenticare la necessità di colmare le fratture che segnano il paese. Null’altro che questo può essere nell’interesse dell’Italia. Naturalmente, il Sud deve fare la sua parte, e la fa. Il ministro Manfredi ci dice su Avvenire (7 aprile) che la risposta dell’università è stata efficace dal Nord al Sud. È vero. La Federico II è in campo con forza, persino con le realtà delle quali si poteva dubitare. Il Dipartimento di Giurisprudenza, a volte indicato come il tempio dei passatisti, ha organizzato in pochi giorni ben 140 corsi online. Quasi senza eccezioni, l’esito è stato positivo. Merito del direttore Staiano e dell’intero corpo docente, e ne va dato atto. Vogliamo essere ottimisti, perché abbiamo un punto di forza. Nel 1962, appena iscritto alla Facoltà di Giurisprudenza della Federico II, incontrai per la prima volta il “caffè sospeso” in un bar su Corso Umberto. Ho ritrovato quel caffè oggi, quasi sessanta anni dopo, insieme alla spesa sospesa, e al panaro solidale. Una forza che il tempo non ha scalfito.
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