HOME
|
ARTICOLI
|
DOCUMENTI
|
FORUM
|
COMITATI TERRITORIALI
|
INIZIATIVE
|
RACCOLTA FIRME
Gli staterelli del regionalismo
di Massimo Villone da la Repubblica Napoli del 10/12/2019
La proposta del sindaco Sala per un asse politico-istituzionale tra Milano, Roma e Napoli sembra aver suscitato ironie, più che interesse. L’iniziativa è un effetto collaterale del confronto in atto sul regionalismo differenziato. La causa prossima è stata forse data dalla frase del ministro Fioramonti, su Milano che prende tanto, e restituisce poco o nulla. Probabilmente il ministro richiamava un contesto, noto agli studiosi, di aree urbane e grandi città che fatalmente attraggono risorse e drenano il territorio circostante per la maggiore capacità di offrire occasioni di vita, futuro, speranze. Moderne vampire, o benefattrici? Il dibattito è aperto. Non crediamo che il ministro avesse una particolare animosità verso Milano. Ma le sue parole hanno trovato anche un’eco nell’incontro dei sindaci, se è vero – come leggiamo – che Sala ha voluto precisare con qualche puntiglio che Milano cede a favore degli altri territori un centinaio di milioni. Proprio da questo possiamo partire. Perché non c’è mai stato un partito dei sindaci in senso proprio, pur essendo numerose le personalità partite dal palazzo comunale e poi rimaste nell’agone politico? Negli anni ’90 del secolo scorso se ne discusse, soprattutto sull’onda della prima esperienza di elezione diretta dei sindaci. Ma non si giunse mai a consolidare l’idea in una proposta organizzativa. La ragione è che per fare un partito ci vuole un interesse e un progetto condivisi. Non sembrano venire da chi per definizione rappresenta interessi diversi e potenzialmente contrapposti. Per l’asse dei sindaci proposto un progetto condiviso c’è, ma è contro il rischio di un neo-centralismo regionale, del tutto realistico negli scenari di regionalismo differenziato in discussione. A chi quotidianamente insegue gli affanni del lavoro, della famiglia, della vita interessa poco o nulla che fa cosa, purché si faccia. Ma a chi fa politica e amministra la distribuzione del potere interessa, e molto, perché è la chiave per la costruzione del consenso. Questo è l’interesse che tiene insieme i tre sindaci. A parte questo, un collante è difficile trovarlo. Soprattutto considerando quel che è emerso sul cosiddetto federalismo comunale, terreno di battaglia negli ultimi mesi. Il caso del fabbisogno zero per gli asili nido ne è esempio notissimo. La costruzione di una nuova unità del Paese passa attraverso una più equa distribuzione di risorse pubbliche tra i territori, inevitabilmente conflittuale. Non si può certo barattare con un comune interesse a difendersi contro qualche governatore in preda a bulimia gestionale. Pare che in prospettiva ci sia una proposta di autonomia comunale alternativa rispetto al regionalismo differenziato. Il pericolo è che si scateni una rincorsa allo shopping nel supermercato delle competenze. Questo è stato ed è il segno distintivo della maggiore autonomia richiesta da Veneto, Lombardia ed Emilia-Romagna. Si aggiungerebbe ora un’altra stagione nella medesima chiave rivendicativa nel segno di Milano, Roma, Napoli. Un problema in più per il ministro Boccia, che si spende molto per l’unità del Paese, finora nelle parole più che negli atti concreti. È davvero dubbio che i cittadini abbiano da guadagnare sia da un’Italia di staterelli, sia se in uno o più staterelli si disegnano ulteriori isole istituzionali e di gestione politico-amministrativa. Una idea di come mantenere unita l’Italia che verrà, e che sarà comunque diversa da quella che abbiamo conosciuto, non viene dalle tre regioni, e nemmeno ora dalle tre città. Una comune – occasionale - convenienza non è un progetto politico. Ancor meno viene dalla sommatoria delle richieste. Le analisi che hanno segnato l’ultima fase del dibattito hanno indicato per l’Italia in un futuro nemmeno lontano scenari che mettono a rischio il Sud, e con il Sud il paese intero. Basta pensare all’ultimo rapporto Svimez 2019, con prospettive drammatiche di progressiva desertificazione del Mezzogiorno che nessuno ha smentito. A fronte di questo, la proposta di autonomia fondata sull’accesso diretto ai fondi europei avanzata da de Magistris è di portata minima. Cosa risolverebbe? E c’è da chiedersi se il vero ruolo di una città come Napoli non sia piuttosto quello di essere capofila in un fronte impegnato a ridare al Mezzogiorno un futuro che si va perdendo, e a costruirne uno diverso per l’Italia tutta. Probabilmente, sarebbe necessario avere a disposizione qualche politico a misura di statista, che avesse la capacità e la voglia di guardare lontano. Ma al supermercato della politica lo scaffale degli statisti è vuoto.
newsletter